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Gilda

Regia di Charles Vidor vedi scheda film

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La recensione su Gilda

di steno79
8 stelle

Rivedo "Gilda" adesso, dopo parecchi anni, molto curioso sul film per poter esprimere un giudizio visto che la pellicola, dopo essere stata sbeffeggiata dalla critica quando uscì, da un po' di tempo è considerata un ottimo film o perfino un capolavoro da critici influenti. Si tratta di un melodramma fortemente influenzato dal Noir che vede al centro un triangolo amoroso fra i più celebri della Storia del Cinema, che probabilmente fa il verso a quello altrettanto mitico di "Casablanca", anche se in termini molto più esasperati, barocchi e masochisti a differenza del film di Curtiz che aveva una componente essenzialmente romantica nella love story. Gilda è un film che tende volutamente all'eccesso in tutto, nella scrittura come nella regia, e per essere un film del genere ne esce sorprendentemente bene alla prova del tempo, ma non può essere un capolavoro perché l'eccesso in certi casi si ritorce contro gli artisti che lo perseguono con accanimento. La sceneggiatura è firmata da Jo Eisinger e Marion Parsonnet (che, nonostante il nome solitamente usato al femminile, era un uomo) con contributi forse non accreditati di Ben Hecht, che si sentono eccome nella malizia scatenata di dialoghi pieni di battute memorabili, che sono da mettere del tutto all'attivo del film (fra le tante perle "Non c'è nulla di così numeroso al mondo come le donne, eccetto gli insetti" oppure tutte le allusioni feticistiche al bastone con lama di Ballin, trattato quasi come un personaggio reale). Se il dialogo è seducente e allettante, un po' meno nel complesso lo è il plot che riserva colpi di scena a profusione, ma dove a un certo punto le linee guida che governano l'intreccio si perdono in motivazioni poco chiare e piuttosto forzate, dove il rapporto amore-odio fra Gilda e Johnny Farrell porta a scelte piuttosto discutibili come il matrimonio con conseguente clausura di Gilda per vendetta, a quel punto poco verosimile, e dove il sottotesto omosessuale fra Johnny e Ballin che molta critica vi ritrova ha poca evidenza e anche poca forza, molto meno pungente o disturbante di quello inserito in altri film dell'epoca come "Delitto per delitto" di Hitchcock. E la regia di Vidor ovviamente non ha lo slancio dei veri maestri dell'epoca nel costruire sequenze memorabili, anche se ha l'intelligenza di scegliere ottimi collaboratori come il cinematographer Rudolph Mate che firma un bianconero atmosferico e fortemente evocativo che in diversi momenti del film contribuisce alla sua ambigua suggestione. E il cast fa segnare molti punti all'attivo, con una Rita Hayworth che è puro fascino dionisiaco e carnale, ma anche un'attrice che riesce con la sua recitazione a giustificare le incongruenze della trama, quindi sicuramente fornisce qui una delle sue performances più incisive, un Glenn Ford spinto un po' troppo sui registri dell'ossessione amorosa e del cinismo per non risultare un po' monotono anche se comunque altrettanto seducente della sua partner, con cui avvierà una lunga relazione al di fuori del set, e un George Macready che fa il suo ruolo di cattivo con consumato istrionismo. In una discussione con un cinefilo costui sosteneva che "Rita Hayworth asfalta tutti", ed è indubbio che il film è costruito su di lei, con i momenti più memorabili che traggono la loro forza dalla sua presenza, sia nel famoso ingresso del personaggio dopo circa un quarto d'ora, sia nelle due scene cantate di "Amado mio" e "Put the blame on mame" che potrebbero entrare in una ideale antologia dell'erotismo al cinema e risultano ineccepibili dal punto di vista spettacolare. E' un peccato che questa attrice di forte tempra nei suoi momenti migliori abbia trovato pochi film in grado di esaltarne il talento e la prestanza (oltre a questo direi soprattutto "La signora di Shanghai" e "Sangue e arena"). La media di tutte le contraddizioni del film è un 4 stelle, comunque onorevole.

voto 8/10

  

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