Regia di Charles Vidor vedi scheda film
Film stranissimo, inclassificabile, un vero corpo estraneo nella Hollywood anni ’40. La Hayworth si presenta in apparenza come la tipica dark lady (citata con ironia in Le ali della libertà), ma sotto sotto risulta una donna quasi morigerata (!); Glenn Ford, diviso fra amicizia e amore (o meglio, fra senso del dovere e desiderio sessuale), fa sempre il contrario di ciò che vorrebbe; un barista filosofo osserva e giudica; sullo sfondo, un improbabile intrigo internazionale (il monopolio mondiale di tungsteno, figuriamoci...). Il film procede in modo da smentire costantemente le aspettative, accumula un’assurdità dopo l’altra senza curarsene: sa di poterselo permettere, perché ammalia lo spettatore con la vertigine che si prova di fronte ai sentimenti estremi. Uno di quei casi (un altro è per es. Gli amanti del Pont-Neuf) in cui non funzionano i tradizionali strumenti critici, inadeguati ad analizzare qualcosa che si colloca al di là del bene e del male.
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