Regia di Eberhard Schröder vedi scheda film
Yvette, una fanciulla dalle priorità deprecabili, vive con la “zia-madre” (no, non è una puntata di “Intralci”). Entrambe, dopo la scomparsa dell’industriale che le finanziava, si ritrovano con il sedere per terra. La soluzione? Adescare il più presto possibile un grullo con i danari, il quale le salvi dall’oblìo; tra dialoghi scemi (con perle del tipo: «visto che non ci credo, posso stringerti?»), un doppiaggio irritante (salta pure l’audio nell’edizione censurata), scavalcamenti di campo assurdi, faccette beote, intermezzi onirici ridicoli e l’esaltazione più becera dello sfarzo e del benessere, si assiste persino ad un breve e disorientante elogio all’uso di stupefacenti, i quali portano via i brutti pensieri: di conseguenza è un peccato rianimarsi dallo stato rincitrullito dell’hashish nel momento in cui si rinsavisce (okay, siamo al termine degli anni ’60, ma il messaggio che lascia il frangente non è il massimo, dato che si tratta di una sostanza lesiva per i cari neuroni)... Orrenda pochade d’accatto, con una Edwige Fenech al suo minimo storico (e nemmeno tanto svestita). Per qualche tetta scoperta c’è di meglio.
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