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Dracula cerca sangue di vergine e... morì di sete!!!

Regia di Paul Morrissey vedi scheda film

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La recensione su Dracula cerca sangue di vergine e... morì di sete!!!

di scapigliato
8 stelle

Gli esperti di Morrissey vedono nel dittico italiano della Factory di Warhol, un lavoro diverso dai precedenti del regista. Se prima il marchio di fabbrica, sia di Morrisey che di Wharol, era la dilatazione, l'esasperazione dei tempi anche inutili ai fini narrativi, tese a evidenziare l'eccesso, ora con "Dracula..." e il precedente "Frankenstein.." si lavora per sottrazione. Infatti si eliminano quelle dilatazioni temporali, e si lascia la storia asciutta come deve essere per provocare distacco. "Dracula..." infatti ha un incedere monocorde, senza colpi di scena o svolte significative. Tutto succede. L'incredibile finale splatter, è da leggersi come la chiusura ironica ad un film che celebra il corpo come oggetto da vetrina. Nella vicenda dell'ormai decadente Conte Dracula, sceso in Italia a cercare sangue di Vergine e capitato nella casa dei Di Fiore, troviamo molti corpi. Alcuni belli, immaginifici, statuari come icone di un tempo e di un'età della bellezza come mitologia, come Joe Dallesandro, Udo Kier, e le due figlie lesbiche ed incestuose di Vittorio De Sica, il marchese Di Fiore per l'appunto. Altri corpi sono sfatti o sacrificati ad una forma di soggezione, come la madre e la figlia Esmeralda, o il servo di Dracula, Anton. Non belli, e neppure vincenti. La madre si trastulla nelle tradizioni scheletriche di una certa aristocrazia sparita. La Vukotic sogna il Conte tutto per sè, ma è sacrificata in un corpo che non compete con quello delle sorelle. Anton, invece, nella sua totale dedizione al suo padrone perde qualsiasi istinto sessuale, e se prova qualcosa lo prova per il padrone stesso e per i suoi servigi. Passando ai corpi affascinanti e seduttivi, il discorso cambia. Dallesandro, attore feticcio di Morrissey, ha un corpo ed un eros invidiabili, e viene scelto per parti che possono veicolare, attraverso il ruolo, una riflessione sul corpo. Udo Kier, affascinante, è più dandy e più romantico, e anche i suoi tratti facciali, risaltati dal trucco, lo rendono seduttivo oltre che a conferirgli un'aria triste e tenera allo stesso tempo. Se il primo esalta il corpo e la sua nudità, il secondo esalta il viso e l'austerità del corpo. Nonostante rimanga a torso nudo nel suo secondo attacco vampirico, è un personaggio che tende a coprire più che scoprire, ed è, se vogliamo, un paradosso dato che Dracula è un mostro e "mostro" deriva da "mostrare". Infatti l'horror tende a mostrare ciò che non andrebbe mostrato. Ed è anche in questo secondo elemento che notiamo la sovversione operata dal regista. Togliendo al film ogni suo elemento orrorifico, tipico del genere, Morrissey continua sulla sua linea estetica adottata per il film, e scarta tutto lo scartabile, taglia tutto il tagliabile, asciuga tutto l'asciugabile. I pochi virtuosismi barocchi, condensabilil in alcune scene con protagonista Dracula, fanno da contraltare al resto del film, scarno, secco, realista, con tempi e dialoghi a volte poco cinematografici.
Due temi su tutti si leggono tra le righe asciutte di questo film. Il sesso e la lotta di classe. Nel primo caso, come accennato prima, una guerra dei sessi si scatena tra Dallesandro e Udo Kier/Dracula. Il bel tuttofare della casa signorile possiede, anche orgiasticamente, le sorelle Di Fiore, e quando capisce il pericolo che corre la più piccola ancora vergine, la deflora per salvarla. Sesso come salvezza e non come peccato. D'altro canto il cinema della Factory warholiana vedeva il sesso e l'eccesso come strumenti per la liberazione individuale, e se anche la riflessione di Morrissey porta pure su altri binari (la merceficazione e l'effimera causa dell'emancipazione sessuale), rimane forte, almeno esteticamente e narrativamente, il binomio sesso-libertà. Dracula invece, cerca disperatamente una vergine per un piacere e una necessità personale, apparentemente l'opposto di Dallesandro. I due sembrano gareggiare a chi ne possiede di più, ma in realtà sono entrambi lo stesso personaggio, lo stesso corpo in cerca di potere sessuale. Semplicemente potere sessuale, assogettazione, dominio del corpo altrui. E questa dialettica sul potere, Morrisey ce la presenta anche sottoforma di lotta di classe. Abbiamo infatti due coppie oppositive: Dracula-Anton, il suo servo; e la famiglia Di Fiore-Mario, il tuttofare. Nella prima coppia c'è un asservimento al padrone che tocca corde ambigue, se non altro almeno una politica di opportunismo cieca e becera. Nell'altra coppia c'è la riluttanza, da parte della componente proletaria e popolare, a dover servire a tutti i costi. Tra le due coppie oppositive vediamo che mentre quella "vampirica" cede davanti alla realtà dei fatti e continua nella sua decadenza, le seconda altrettantemente cade nella spirale delle illusioni politiche, positivistiche e marxiste, che non lasceranno affatto lo spazio per i sogni del bel giardiniere.

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