Regia di Gaspar Noé vedi scheda film
Seul contre Tous, primo lungometraggio di Gaspar Noé, è un'opera leggermente diversa rispetto a quelle successive del regista franco-argentino. In questo film non si ritrovano quei debordanti movimenti di macchina, che invece erano ben presenti in Enter the Void, bensì la telecamera risulta quasi perennemente fissa, ad eccezione di alcuni rapidissimi movimenti che fanno la loro comparsa regolarmente, accompagnati da un suono assordante. Con questa messa in scena, Noé mostra la vita di un uomo (il Macellaio) e il suo progressivo declino, soprattutto a livello psichico. Per scandire la psicologia del protagonista, il regista si affida maggiormente al monologo interiore, perennemente presente lungo tutta la durata del film, attraverso il quale vengono espressi sia la mente disturbata del protagonista sia la sua visione completamente nichilista della realtà che non ammette, secondo il suo punto di vista, alcuna possibilità che possano esistere rapporti affettivi e benevolenti tra gli uomini. La risposta per cui la pensa in questo modo è insita nella sua stessa vita: essa è caratterizzata da un rapporto praticamente parassitario con l'amante, con la quale non vi è traccia di amore; dall'impossibilità di trovare un lavoro stabile e che possa al contempo soddisfarlo; il tutto è poi aggravato dal rapporto con una figlia malata nei confronti della quale nutre anche dei sentimenti sospetti. Perciò Il Macellaio si ritrova a condurre un'esistenza grigia, miserabile, segnata dalla più profonda insoddisfazione: invece di affrontare questa condizione così complessa, sceglie la via dell'autogiusticazione, quasi come se fosse un novello Zeno (ma molto più crudele), motivo per cui si rifiuta di comprendere come le sue azioni e le sue riflessioni siano erronee e abiette, ma anzi colpevolizza, per la condizione in cui si ritrova, la società di cui fa parte. Perciò si sente giustificato ad agire secondo un ideale personale (e violento) di giustizia e di morale che lo porta ad agire e a pensare alle azioni più turpi; come ad esempio quando, dopo aver picchiato l'amante, causandone l'aborto, reprime il possibile senso di colpa sostenendo (tramite la voce narrante) di non aver fatto altro che salvare il nascituro da un'esistenza tutt'altro che felice. A tal proposito è impossibile non citare il folle finale (preceduto dalla celebre didascalia che invita gli spettatori ad abbandonare la proiezione entro trenta secondi), durante il quale emerge pienamente la labilità delle riflessioni del Macellaio, che si intrecciano in una matassa appena comprensibile, quasi come se fosse un flusso di coscienza di joyciana memoria. Ciò dura per un attimo, dopodichè il protagonista, per trovare nuovamente una semplice autogiustificazione per l'atto immorale che sta per commettere, tornerà a colpevolizzare il suo bersaglio preferito: il Mondo, inconsapevole che il primo nemico di se stesso è proprio lui.
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