Regia di Jim Jarmusch vedi scheda film
Quella del drifter è una vita affascinante, un approccio erratico all’esistenza, che Jarmush, nella sua prima opera, trasforma anche in uno stile filmico personale e ipnotico. Serie di brevi sequenze si sommano, bizzarri incontri e strambi personaggi si alternano nei vagabondaggi del giovane Aloysious Parker, in una New York sporca e bombardata da aerei invisibili, tra vicoli, stanze squallide e spoglie, polverose sale cinematografiche e ricoveri per malati di mente. È un’umanità sul limite di un baratro psichico quella mostrata da Jarmush eppure piena di vitalità, fuori da ogni schema, in una deriva che solo lo spostarsi da un luogo a un altro, quando le cose e le situazioni iniziano a ripetersi, può permetterci. È simile ad essere un turista in una vacanza permanente, come ci suggerisce il titolo. Il non avere appigli e sicurezze riduce le nostre ambizioni e il solo vivere e il riempire il tempo con quello che più ci piace dà il senso del nostro scorrere e delle nostre azioni. Un naufragio oltre il quale, forse, si apre l’abisso di un viaggio senza ritorno.
Verrebbe quasi la voglia di lasciarsi tutto alle spalle per vedere cosa si nasconde oltre i recinti che proteggono le nostre vite. Vi consiglio di provarci almeno una volta, se non l’avete mai fatto. Diventerete l’ombra di voi stessi, quella che vi ha sempre seguito e alla fine deciderà dove andare.
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