Regia di Robert Wise vedi scheda film
Noir confuso negli intendimenti; buono però il finale.
Non si dà noir senza ambiguità dei suoi personaggi, questo è chiaro: la tensione costante fra il bianco e il nero dell'anima, con l'urgenza di una scelta fra bene e male, sempre dolorosa, da fare, è ciò che restituisce forma e sostanza al genere. Tuttavia disegnare profili morali ambigui può celare pericolose insidie, perché un animo incerto può essere sì bicromo, ma anche grigio ed incolore. Poco emergente dallo schermo. E' il caso dei due amanti clandestini protagonisti di Born to Kill, l'omaccione Tierney e la calcolatrice Claire Trevor. Il loro legame sotterraneo, più che tormentato, appare confuso, perché sono loro i primi a non comprendere cosa pretendono l'uno dall'altra. In una sequenza ti sembrano dilaniati da una cieca sete di possesso; nell'altra, si sprecano atti di gelosia o altruismo come solo tra due innamorati di un sentimento autentico privo di secondi fini. Non danno nemmeno l'idea di sapere il motivo per cui sono amanti (e infatti non esiste motivo: entrambi hanno un ricco partner che li mantiene con piena soddisfazione). Il loro rapporto sembra unicamente funzionale alla trama del film. E quindi, più che empatizzare coi due, la mente si affolla di domande insolute sul perché dei loro baci rubati.
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