Regia di Giuseppe Patroni Griffi vedi scheda film
Patroni Griffi vorrebbe inventarsi Antonioni, riciclare un simbolismo appartenente a un'altra epoca e farlo combaciare all'evoluzione dei tempi. Il tema centrale del plot si basa su schegge di narrato, concatenate in maniera vorticosa da un montaggio che spinge lo sperimentalismo fino al limite consentito (il risultato è che quello che si vede non coincide con nessuna idea di storia in particolare, ma solo con sequenze di frammenti lungi dall'essere raccordati dalla matrice simbolica, che per la regia è esplicita, ma in realtà resta costantemente latente). Si passa dal presente al passato, dal passato all'anticipazione senza che avvengano sottolineature, rimandi, spezzature, come si volesse descrivere un flusso di pensiero (esteriore a qualsiasi personaggio del film e quindi assai inutile). Agevolato il procedimento di slegatura dei piani e delle sequenze, ciò che avviene per la sceneggiatura è altresì analogo: La Capria, purtroppo, non è Alain Robbe-Grilet, né il suo tentativo di sperimentare il nouveau roman a livello cinematografico arriva a buon fine, per la dispersione che lo spazio filmico offre al racconto, dispersione che la pagina scritta imprigiona e plasma consentendo alla forma di acquisire quel carattere di risacca, di reiterazione delle parti, basilari a una concezione nuova del romanzo. Infine un appunto su Miss Taylor, appesantita, bolsa, rigida, mai trovata così fuori coordinata, eppure le caratteristiche sue proprie potevano collimare con le caratteristiche del personaggio (sperso, roso da voglie inesprimibili, devoto al fato etc.), forse la regia (sempre sopra le righe) tende a farne una statua invece di une essere umano seppur in preda a stati di disturbo psico-fisico. Comparsata per Warhol che sa veramente di poco.
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