Regia di Giorgio Stegani vedi scheda film
Paolo Mancuso, calabrese a Milano, diventa ben presto il boss della città. I suoi due principali rivali, dalla medesima provenienza, si associano per eliminarlo; Mancuso sfugge agli attentati contro di lui, ma si infetta accidentalmente con un virus potentissimo che lo potrebbe uccidere nel giro di pochi giorni.
Penultima regia per Giorgio Stegani, mestierante del cinema nostrano di genere, neppure fra i peggiori, ma comunque rimasto nell'anonimato (o quasi) per ragioni più che comprensibili. Milano: il clan dei calabresi è un buon prodotto di consumo, ma un rapido sguardo alla qualità e all'originalità della confezione ne rivela più di una pecca. D'altronde la pellicola senza ombra di dubbio nasce per cavalcare l'onda del contemporaneo successo del fenomeno-poliziottesco, filone del quale ricalca numerosi stereotipi: la metropoli oscura, dominata neanche tanto segretamente dalla criminalità organizzata; l'azione esasperata, alla ricerca di effetti sempre più spettacolari e scene più memorabili nonchè assurde; la violenza in ogni dove nel corso della storia (si va già sul pesante fin dall'incipit, qui). Scena memorabile e assurda è definizione che ben si adatta a quella conclusiva del lavoro: un boss mafioso, appestato e abbandonato dai suoi picciotti, che viene lapidato in pubblico è semplicemente qualcosa di sensazionale per gli amanti del genere. Non eccezionale, ma sufficiente per il livello del prodotto, il cast: Antonio Sabato, Pier Paolo Capponi, Toni Ucci, Fred Williams, Silvia Monti sono i nomi principali; da sottolineare l'azzeccata colonna sonora, opera di Gianni Marchetti. Sceneggiatura: Giovanni Addessi, Camillo Bazzoni, Franco Barbaresi. 3/10.
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