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L'asino d'oro: processo per fatti strani contro Lucius Apuleius cittadino romano

Regia di Sergio Spina vedi scheda film

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La recensione su L'asino d'oro: processo per fatti strani contro Lucius Apuleius cittadino romano

di mm40
2 stelle

Vittima di una magia, Lucius Apuleius si ritrova nel corpo di un asino, pur continuando a comportarsi da uomo. Quando riesce a ritornare nelle fattezze umane, però, la sua mente è ancora soggetta agli influssi animaleschi. L'amico Aristomene lo salverà dall'accusa di stregoneria.

 

Nella prima metà degli anni Sessanta Sergio Spina scrisse qualche copione per produzioni di serie B; nel 1967 arrivò poi al debutto da regista con il men che mediocre La donna, il sesso e il superuomo. Questo L'asino d'oro: processo per fatti strani contro Lucius Apuleius cittadino romano rappresenta quindi la sua opera seconda dietro la macchina da presa, per la quale Spina è autore della sceneggiatura insieme ad Alfredo Mitucci, prendendo spunto da La metamorfosi di Lucio Apuleio. Fare meglio dell'esordio non dev'essere stato difficile, ma anche in questa pellicola il regista rimane su standard qualitativi realmente modesti; messa in scena evidentemente povera di idee e di mezzi, toni comici barzellettistici con frequenti anacronismi voluti, una tensione all'erotismo abbastanza fuorviante per il contesto: L'asino d'oro non è un omaggio all'opera di Apuleio e neppure un film che intrattenga insegnando qualcosa. Se il titolo ricorda il prolisso incedere del Riusciranno i nostri eroi... di Ettore Scola (1968; e ancora non è arrivata la Wertmuller!), intriga però il pensiero che, uscendo nel 1970, questo film possa aver leggermente anticipato il filone decamerotico: certo, sui generis, in un senso più che altro ideale, come trasposizione comico-sbracata-pecoreccia di un'opera letteraria antica. Così naturalmente non è, perchè L'asino d'oro si riallaccia piuttosto al Satyricon felliniano uscito l'anno precedente e all'omonimo lavoro di Gian Luigi Polidoro di pochi mesi prima. Fra gli interpreti: Barbara Bouchet, l'egiziano Samy Pavel, John Steiner, Paolo Poli, Leopoldo Trieste, Enzo Fiermonte, Dada Gallotti. La carriera di Spina come regista a soggetto si ferma qui; in seguito realizzerà qualche opera di carattere documentario. 2,5/10.

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