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Romanzo criminale

Regia di Michele Placido vedi scheda film

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La recensione su Romanzo criminale

di scapigliato
9 stelle

Non ci sono né buoni né cattivi nei romanzi di una vita, ma solo personaggi. C’è chi è troppo Freddo per vivere i suoi sentimenti, o chi è arrabbiato per un destino crudele e riversa i suoi rancori nella società che combatte, o chi è troppo Dandi per gustarsi il semplice ritmo quotidiano e desiderare altro, forse troppo. Con loro si potrebbero delineare migliaia di altri enormi profili per raccontare il romanzo di una vita. De Cataldo prima e Placido poi ne hanno scelti alcuni e gli hanno ingigantiti (complice i primissimi piani, bellissimi, che investono tutto il film) come dei tragici antieroi greci. E dire che questi erano eroi, ma oggi senza gli “anti” non si va avanti, non si costruisce nulla di nuovo e niente si può mettere in discussione. “Romanzo Criminale”, come i capolavori epici leoniani, quei “C’era una Volta…” che hanno segnato un’epoca e un immaginario mai morto, è un film che vuole volare alto, raccontando la vita, l’ebete vita che ci innamora, e adotta un taglio, quello del poliziesco italiano, che lo rende affascinante e diretto. Anche con una partecipazione distante, nonostante i PPP che avvicinano quei faccioni come da tempo non si usa più, il film non riesce a passarti in fianco: ti centra. Ma i bei “duelli” personali ingaggiati tra fratelli di sangue, tra amato e amata, tra capi e aspiranti capi, non riescono ugualmente a far parlare di loro come dei capolavori narrativi o immaginifici. Le stragi, i rapimenti di quegli anni di piombo, i mondiali, il Nostro Papa ferito invece di essere catalizzatori delle vicende sotterranee dei personaggi, fanno solo da cornice, rimanendo sullo sfondo. Questo non toglie che la caratura di Michele Placido come regista internazionale, per linguaggio e stile, e la bravura degli attori (Favino e Scamarcio su tutti, peccato per la piccola parte di Germano), fanno di “Romanzo Criminale” uno dei film più belli del panorama italiano. Sia perché film di genere, sia perché fatto con stile, ciò che manca agli autori più sofisticati del nostro bel(?)paese. Kim Rossi Stuard però non riesce a dare vero spessore ad un personaggio che è tutto il contrario di ciò che dovrebbe essere. È un grande attore, ma il ruolo del Freddo era tutta un’altra cosa. Più contenuto, meno generoso. Invece Rossi Stuard non ha lesinato sorrisi, delicatezze, e quando faceva il duro sembrava fuori parte.
Poi, quello scampolo di western alla fine del film, tra Rossi Stuard e Antonello Fassari sempre più bravo, è la patente per affermare che “Romanzo Criminale” è un film atipico, che non centra davvero un obiettivo, ma nemmeno delude. Non è fiacco, non è retorico, non semina morali, ma non riesce a stregarti come avrebbero potuto fare benissimo le straordinarie storie di quei ragazzi, né buoni né cattivi, ma solo personaggi.
Non ci sono né buoni né cattivi nei romanzi di una vita, ma solo personaggi. C’è chi è troppo Freddo per vivere i suoi sentimenti, o chi è arrabbiato per un destino crudele e riversa i suoi rancori nella società che combatte, o chi è troppo Dandi per gustarsi il semplice ritmo quotidiano e desiderare altro, forse troppo. Con loro si potrebbero delineare migliaia di altri enormi profili per raccontare il romanzo di una vita. De Cataldo prima e Placido poi ne hanno scelti alcuni e gli hanno ingigantiti (complice i primissimi piani, bellissimi, che investono tutto il film) come dei tragici antieroi greci. E dire che questi erano eroi, ma oggi senza gli “anti” non si va avanti, non si costruisce nulla di nuovo e niente si può mettere in discussione. “Romanzo Criminale”, come i capolavori epici leoniani, quei “C’era una Volta…” che hanno segnato un’epoca e un immaginario mai morto, è un film che vuole volare alto, raccontando la vita, l’ebete vita che ci innamora, e adotta un taglio, quello del poliziesco italiano, che lo rende affascinante e diretto. Anche con una partecipazione distante, nonostante i PPP che avvicinano quei faccioni come da tempo non si usa più, il film non riesce a passarti in fianco: ti centra. Ma i bei “duelli” personali ingaggiati tra fratelli di sangue, tra amato e amata, tra capi e aspiranti capi, non riescono ugualmente a far parlare di loro come dei capolavori narrativi o immaginifici. Le stragi, i rapimenti di quegli anni di piombo, i mondiali, il Nostro Papa ferito invece di essere catalizzatori delle vicende sotterranee dei personaggi, fanno solo da cornice, rimanendo sullo sfondo. Questo non toglie che la caratura di Michele Placido come regista internazionale, per linguaggio e stile, e la bravura degli attori (Favino e Scamarcio su tutti, peccato per la piccola parte di Germano), fanno di “Romanzo Criminale” uno dei film più belli del panorama italiano. Sia perché film di genere, sia perché fatto con stile, ciò che manca agli autori più sofisticati del nostro bel(?)paese. Kim Rossi Stuard però non riesce a dare vero spessore ad un personaggio che è tutto il contrario di ciò che dovrebbe essere. È un grande attore, ma il ruolo del Freddo era tutta un’altra cosa. Più contenuto, meno generoso. Invece Rossi Stuard non ha lesinato sorrisi, delicatezze, e quando faceva il duro sembrava fuori parte.
Poi, quello scampolo di western alla fine del film, tra Rossi Stuard e Antonello Fassari sempre più bravo, è la patente per affermare che “Romanzo Criminale” è un film atipico, che non centra davvero un obiettivo, ma nemmeno delude. Non è fiacco, non è retorico, non semina morali, ma non riesce a stregarti come avrebbero potuto fare benissimo le straordinarie storie di quei ragazzi, né buoni né cattivi, ma solo personaggi.
Non ci sono né buoni né cattivi nei romanzi di una vita, ma solo personaggi. C’è chi è troppo Freddo per vivere i suoi sentimenti, o chi è arrabbiato per un destino crudele e riversa i suoi rancori nella società che combatte, o chi è troppo Dandi per gustarsi il semplice ritmo quotidiano e desiderare altro, forse troppo. Con loro si potrebbero delineare migliaia di altri enormi profili per raccontare il romanzo di una vita. De Cataldo prima e Placido poi ne hanno scelti alcuni e gli hanno ingigantiti (complice i primissimi piani, bellissimi, che investono tutto il film) come dei tragici antieroi greci. E dire che questi erano eroi, ma oggi senza gli “anti” non si va avanti, non si costruisce nulla di nuovo e niente si può mettere in discussione. “Romanzo Criminale”, come i capolavori epici leoniani, quei “C’era una Volta…” che hanno segnato un’epoca e un immaginario mai morto, è un film che vuole volare alto, raccontando la vita, l’ebete vita che ci innamora, e adotta un taglio, quello del poliziesco italiano, che lo rende affascinante e diretto. Anche con una partecipazione distante, nonostante i PPP che avvicinano quei faccioni come da tempo non si usa più, il film non riesce a passarti in fianco: ti centra. Ma i bei “duelli” personali ingaggiati tra fratelli di sangue, tra amato e amata, tra capi e aspiranti capi, non riescono ugualmente a far parlare di loro come dei capolavori narrativi o immaginifici. Le stragi, i rapimenti di quegli anni di piombo, i mondiali, il Nostro Papa ferito invece di essere catalizzatori delle vicende sotterranee dei personaggi, fanno solo da cornice, rimanendo sullo sfondo. Questo non toglie che la caratura di Michele Placido come regista internazionale, per linguaggio e stile, e la bravura degli attori (Favino e Scamarcio su tutti, peccato per la piccola parte di Germano), fanno di “Romanzo Criminale” uno dei film più belli del panorama italiano. Sia perché film di genere, sia perché fatto con stile, ciò che manca agli autori più sofisticati del nostro bel(?)paese. Kim Rossi Stuard però non riesce a dare vero spessore ad un personaggio che è tutto il contrario di ciò che dovrebbe essere. È un grande attore, ma il ruolo del Freddo era tutta un’altra cosa. Più contenuto, meno generoso. Invece Rossi Stuard non ha lesinato sorrisi, delicatezze, e quando faceva il duro sembrava fuori parte.
Poi, quello scampolo di western alla fine del film, tra Rossi Stuard e Antonello Fassari sempre più bravo, è la patente per affermare che “Romanzo Criminale” è un film atipico, che non centra davvero un obiettivo, ma nemmeno delude. Non è fiacco, non è retorico, non semina morali, ma non riesce a stregarti come avrebbero potuto fare benissimo le straordinarie storie di quei ragazzi, né buoni né cattivi, ma solo personaggi.

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