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Romanzo criminale

Regia di Michele Placido vedi scheda film

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La recensione su Romanzo criminale

di lamettrie
4 stelle

Un gangster movie all’italiana non venuto bene. Il soggetto sarebbe anche splendido: ma Placido lo gestisce male.

L’accozzaglia di bellocci, o presunti tali, farà cassetta (al femminile), ma mostra la corda: non tutti recitano bene (un disastro Accorsi nella parte, bellissima, del commissario impavido), ma soprattutto non hanno la parte del gangster nelle proprie corde. Il volto sarà truce, ma Favino, Rossi Stuart, Scamarcio non hanno quella tempra che serve per questo genere di film. Senza voler esser provocatori, un Tomas Milian in questa parte avrebbe fatto la differenza, tanto era viscerale la sua immedesimazione nel popolino romano, specialmente quello povero e disperato, cui qui comunque si fa riferimento. 

Poi sulla recitazione bisogna registrare delle eccezioni: Santamaria è bravissimo, come sempre; idem dicasi per Germano. Popolizio non sbaglia, così come alcuni dei tanti caratteristi, come Er patata, al secolo Roberto Brunetti.

Le storie d’amore sono convenzionali: servono anch’esse per la cassetta, ma sono poco credibili. Due delinquenti bestiali che mettono la testa a posto, almeno in parte, uno per una studentessa (come fa il personaggio della pur brava Trinca, nella sua spontaneità, a stare con un assassino, una così pulitina!); l’altro per una prostituta (come fa uno così a vederci una storia seria con una così?). Non parliamo poi dell’amore della medesima prostituta con il commissario, il quale così si gioca tutta la sua credibilità, professionale e non…

Poi il film è superficiale, anche per il fatto che manca il “perché” della vocazione criminale: non che questo sia un che di lodevole, certo, ma si dovrebbero vedere i drammi sociali che rendono possibile una scelta tanto distruttiva, quanto autodistruttiva.

Ma forse il difetto peggiore sta nell’incapacità di sfruttare le enormi potenzialità che la vera storia della banda della Magliana contiene in sé, per quanto quasi solo nel male: un mix impressionate di collusioni con tutta la malavita e il potere deli anni ’70, che peraltro furono il momento di peggior fioritura di queste implicazioni (il che è tutto dire, se si pensa ai disastri che contribuirono a distruggere l’Italia tanto prima, negli anni ‘60’ e non solo, quanto dopo, negli anni ’80 e non solo). La licenza creativa per di più permetteva grandi slanci interpretativi: ma nulla c’è. Un materiale di base aureo, ma pressoché del tutto sciupato.   

Poi Placido una certa mano la mostra, nell’azione. Ma qui la maniera e l’apparenza superano di troppo la sostanza.

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