Regia di Michele Placido vedi scheda film
Dal prolisso e a tratti noioso libro di Giancarlo De Cataldo, Michele Placido ha tratto uno splendido film, tra i migliori fatti in Italia nell'ultimo decennio.
I nomi sono cambiati e i fatti riadattati per la narrazione (prima libraria e poi filmica) ma le vicende portano alla storia della Banda della Magliana, che tra gli anni '70 e la prima metà degli '80 cercò di porsi a capo di tutte le attività criminali di Roma, entrando in contatto con la criminalità organizzata e con gli apparati deviati dello Stato.
Freddo, Libano e Dandi non sono i classici cattivi tutti d'un pezzo fatti apposta per essere odiati; al contrario vengono presentati in quelle che sono le loro debolezze, con profondità psicologica che va a pieno merito del regista.
Sono delinquenti incalliti, non c'è dubbio, ma anche in loro non è spenta la fiamma dell'umanità, né la loro difficile vita li ha aiutati a fare scelte diverse da quelle che li hanno portati ad essere quello che sono. Il Freddo poi è quello che in qualche maniera si riscatta anteponendo alla sua vita l'amore per Roberta. Alla fine il pericolo per lo spettatore è provare simpatia per questi tre disperati, anche perché il "buono" della situazione, ovvero il Commissario Scialoja, l'unico che intravede i veri obiettivi della banda e cerca di incastrarli, è un uomo travolto dalle contraddizioni. La passione per la bella prostituta Patrizia (la donna del Dandi) lo porta a chiudere un occhio dove non dovrebbe. E' un personaggio sfuggente e ambiguo, quello del Commissario, e talvolta risulta più sgradevole dei delinquenti cui dà la caccia.
Sembra non essere un caso che l'oscuro manovratore senza nome (viene chiamato "il vecchio") abbia puntato l'attenzione su di lui, quasi ne vedesse un possibile erede.
C'è davvero molto in Romanzo Criminale, c'è l'Italia con i suoi intrighi e i misteri mai risolti, la connivenza di lati oscuri dello Stato con l'eversione terroristica, c'è la volontà di raccontare una storia su cui tutti vorremmo saperne qualcosa di più.
Ma c'è anche l'omaggio ai film "poliziotteschi" degli anni '70 (ben visibile in certe scene, ad esempio quella della vendetta della banda sui fratelli Gemito, che ricorda il miglior Fernando Di Leo) e anche al cinema di genere (Tarantino, vedi la presentazione iniziale dei personaggi, un richiamo a "Le Iene").
Una citazione a questo punto va fatta anche per l'ottima serie televisiva che risulta di qualità davvero elevatissima.
Bellissimo il finale del film, con i nostri tre che si ritrovano bambini inseguiti dalla polizia come nella immagini iniziali del film: una scena struggente, commovente, uno dei finali più belli che il cinema abbia mai regalto agli spettatori. I tre ragazzini che corrono sulla spiaggia nella luce del crepuscolo sono l'innocenza ritrovata anche per chi dalla vita non ha avuto altro che sangue e dolore e purtroppo alla vita ha saputo dare solo sangue e dolore.
Roma, anni '70: Freddo Libano e Dandi sono tre delinquenti di borgata amici fin dall'infanzia. Progettano un rapimento che frutta un sacco di soldi e decidono di reinvestire il malloppo in attività criminali: è il primo passo per una scalata ai vertici della Roma criminale costellata di morti e sangue, scalata che li porterà a contatto con i lati più oscuri della società......
Bellissimo il brano che accompagna le immagini finali
Abilissimo nel tratteggiare la psicologia dei personaggi, molto più accurato in questo di quanto fatto dall'autore del romanzo da cui è tratto il film.
Grande prova recitativa. Ottimamente calato nel personaggio.
Bravo a dar vita alle ambiguità del Commissario Scialoja.
Bellissima e intrigante. La donna
Sofferta maschera umana per il capo della banda, un criminale incallito dietro cui si nasconde un ragazzo di borgata cresciuto in mezzo a povertà e frustrazioni.
Completa un cast di altissimo livello. Anche per lui una interpretazione assolutamente centrata sul personaggio.
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