Regia di Henry King vedi scheda film
Partiamo con il dire che il titolo italiano è pessimo perché inganna, ragioniamo invece su quello originale: The Gunfighter/ Il pistolero. Un 'mestiere', un 'destino'. Ed è proprio questo destino chiaro e arcinoto a segnare la logica narrativa dell'eroe: la purificazione passa per la morte, ingiusta, subdola ma necessaria. Per vari motivi. Con il crepuscolo western ormai alle porte la redenzione non può che essere dolorosa, la fine è la consapevolezza ultima del nostro essere uomini, tutto diventa chiaro, lucido e tragico. Dunque i personaggi si muovono nella storia all'interno di gabbie esistenziali che ne limitano l'emancipazione. C'è un'ineluttabilità della vicenda tale da rendere il climax emozionante: sappiamo gìà tutto, sappiamo già che il vigliacco sparerà alle spalle, perché è sempre così, ma la tensione non cala mai. Sia per la bravura della messinscena antispettacolare che per le collusioni imprevedibili e affascinanti della più classica 'uscita impossibile dal giro'. Il sacrificio permette al pessimismo quasi di addolcirsi con il retrogusto romantico del fato inevitabile ma l'invincibilità del sistema resta decisamente disarmante. Si vola alto, poi con un Peck così...
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