Regia di Silvano Agosti vedi scheda film
Silvano Agosti, bresciano oggi settantenne, è una figura d'artista difficile ma interessante. Nel 1976 gira uno dei suoi film più controversi, un film che può anche risultare un po' noioso o poco avvincente, senz'altro molto sgradevole nel contenuto, per certi versi estremo, non entusiasmante ma degno di nota, non certo al massimo dell'originalità eppure personale, in parte prevedibile e chiaramente a tesi, provocatorio e che vuol far discutere, un'opera socio-politica stilisticamente e intellettualmente tipica degli anni '70 che ha risentito soprattutto del Salò pasoliniano, di Ferreri e direi anche di Bunuel (L'angelo sterminatore, ma naturalmente la distanza estetica è siderale). Agosti assembla un gruppo di laici e religiosi, funzionari, intellettuali, suore reazionarie e gesuiti di tendenza marxista, una handicappata, un ragazzino e una ragazzina, i quali in visita dal Papa prendono un ascensore che li terrà imprigionati per molto tempo; qui la necessità dell'istinto di sopravvivenza scatena tutte le pulsioni più elementari, la fame, il sesso, l'autodifesa, l'odio, l'omicidio, le etichette crollano e si svelano i peggiori e oscuri antri dell'animo, si arriva perfino alla pazzia, allo stupro e al cannibalismo, insomma tutti gli orrori assortiti in pochi metri quadri per un perverso gioco al massacro con sorpresa finale, estenuante e critico, per il quale Agosti tiene a precisare per ben due volte che "non vuole in alcun modo mettere in dubbio la sacralità del sentimento religioso". A mio parere è un film interessante, scomodo e coraggioso, anche se datato e forse nel complesso un po' lento, con attori non proprio eccellenti. Bunuel avrebbe detto dopo la proiezione: "Mi sembra una metafora, ma non oscura: luminosa", e Monsignor Virgilio Levi, parlando al regista: "Non ho nulla da eccepire a questo tuo importante lavoro" (!). 7
Originale di Nicola Piovani, non originale di J. S. Bach e soprattutto Gustav Mahler.
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