Regia di Jesus Franco vedi scheda film
Il "Quarto Potere" dell'exploitation europea.
Linda (Ewa Strömberg) è una bionda e giovane donna che lavora in uno studio di avvocati a Istanbul. In cura dallo psicanalista, gli racconta di sognare regolarmente un'affascinante brunetta. Una sera, con il fidanzato Omar (Andrés Monales), vede in un night-club la donna del sogno esibirsi in un numero erotico con una finta donna manichino. Incaricata di occuparsi di un'eredità, Linda si reca in un'isola sperduta dell'Asia minore per incontrare la contessa Nadine Korody (Soledad Miranda) e si trova faccia a faccia con la donna del sogno ricorrente...
Il capolavoro di Jesus Franco è il film cult per eccellenza del cinema europeo di exploitation, nonchè l'opera per la quale il prolificissimo regista iberico (che all'attivo ha più di 200 film!) verrà ricordato. Non si può certo dire che la smisurata produzione franchiana si distingua per un'elevata qualità media, ma in mezzo a tantissime pellicole alimentari (e brutte) e altrettante pellicole dove la sperimentazione più selvaggia e lo stile scabroso ed eccessivo di Franco debordano (va comunque detto che tenne sempre fede al motto dell'amico e regista Luis Garcia Berlanga, secondo il quale per fare cinema basta "una cinepresa e libertà") vi sono alcune manciate di film decisamente buoni e testimoni di un talento personalissimo anche se eccentrico e discontinuo.
"Vampyros Lesbos" è il film che meglio rappresenta il suo stile e in cui il suo talento ha trovato il massimo picco espressivo, lanciando definitivamente la carriera della giovane Soledad Miranda, morta prematuramente pochi mesi dopo la lavorazione del film in un incidente d'auto, proprio quando l'approdo ad Hollywood sembrava la realizzazione di un sogno impossibile, un sogno purtroppo rimasto tale.
Il film è una rilettura in chiave moderna ed erotica del "Dracula" di Bram Stoker, di cui riprende i tratti salienti della trama citando anche la figura del conte in relazione alla diabolica e seducente contessa Nadine Korody. L'atmosfera è pervasa da un alone di psichedelia dovuto alla narrazione slabbrata e al ritmo sospeso, alla fotografia dalle luci soffuse e dai colori accesi, al dècor pop degli interni, al montaggio schizofrenico e all'erotismo soft-core sprigionato dal corpo delle due sensuali protagoniste. La regia di Franco è a dir poco ispirata, con inquadrature dalla consistenza liquida e dai rimandi pittorici, ampie carrellate e numerose zoomate, qualche tocco qua e là di surrealismo e utilizzo di immagini fortemente simboliche nonchè ricche di suggestioni psicanalitiche. La recitazione in generale non è di prima classe ma a questo sopperisce il carisma e il fascino conturbante della splendida Soledad Miranda, le cui forme esili e sinuose e lo sguardo ammaliante sprigionano un torrido erotismo mai volgare. Le sue effusioni saffiche con l'avvenente Ewa Strömberg e il balletto sensuale di fronte allo specchio rimarranno per sempre negli annali del cinema non solo erotico.
In continuità con il tema del vampirismo e, anzi, rafforzandone questo particolare aspetto, il binomio eros-thanatos è posto in primo piano, scandagliando in profondità l'inconscio freudiano. Il percorso verso la perdizione di Linda rappresenta l'abbandono (in)volontario alle proprie pulsioni sessuali; in tal senso la contessa Nadine Korody, donna forte, libera, indipendente, dal fascino aristocratico e bramosa di sangue (sangue come vita), diventa un simbolo della liberazione sessuale femminile, ma al tempo stesso è una figura che vive ai margini della società proprio a causa del suo carattere libero e solitario, inconciliabile con il rigido formalismo e le leggi morali degli uomini. Uomini che sono esclusi dal microcosmo di cui la contessa fa parte, esseri bruti e meschini, trattati da lei alla stregua di oggetti così come loro hanno da sempre trattato le donne. Ma anche per un vampiro la solitudine è difficile da digerire e non può sfuggirle se non amando e ricercando la compagnia di un individuo (possibilmente di sesso femminile) che la completi.
Infine, prima di concludere la recensione, bisogna obbligatoriamente menzionare la fantastica colonna sonora jazz/rock scritta da Manfred Hübler e Siegfried Schwab (divenuta essa stessa oggetto di culto) che unita al paesaggio costiero della Turchia dona al lungometraggio un'aura di fascino seventies che pochi film hanno e corona in maniera sublime le immagini ipnotiche e leggiadramente oniriche del "Quarto Potere" dell'exploitation europea.
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