Regia di Mark Rydell vedi scheda film
La vita di James Dean e la sua carriera sono state folgoranti come questa pellicola firmata da un misurato Mark Rydell che ne racconta i tratti salienti; per una volta disinteressato al binomio uomo natura Rydell dedica tutto il suo spazio al personaggio maledetto di James Dean: animato dal desiderio di diventare un grande e non un semplice attore immerso nella fabbrica dei sogni, ci viene raccontata la sua fulminea parabola dagli albori squattrinati a New York fra audizioni e consensi fino alla breve vita da divo a Los Angeles.
James Franco è perfetto nel ruolo dell'astro nascente solitario e irriverente che non rispetta nessuno ma proprio per questo risulta irresistibile alle attenzioni di registi innovativi come Kazan e Ray, il film esplora con accuratezza soprattutto le piaghe interiori del giovane divo, dai suoi fantasmi del passato racchiusi nella figura paterna schiva e fredda che non ha mai sopperito alla mancanza in tenera età della figura materna, più superficiale l'analisi dell'ossessione di un amore travagliato con Annamaria Pierangeli che è stata anche caratterizzata molto male da una Valentina Cervi artificiosa e poco somigliante.
Le sequenze che più rimangono impresse sono quelle che descrivono la collaborazione con i registi che lo hanno scritturato quasi a scatola chiusa perchè folgorati dal suo devastante carisma, i registi teatrali del periodo newyorkese e quelli cinematografici del periodo hollywodiano sono tutti disposti a cedere alle sue stravaganze caratteriali e professionali che lo portavano a improvvisare sul copione trasformando il personaggio del film a sua immagine e somiglianza.
Il gioco si raddoppia quando James Franco passa dal suo isolamento dietro le quinte, come spesso usava fare James Dean, all'esplosione emotiva inaspettata nella sequenza con Raymond Massey in "La valle dell'Eden" che apre con grande appeal il film ponendo lo spettatore nell'ottica di un assistente di scena che osserva Elia Kazan e il suo cast mentre creano il ciak perfetto, con il regista che impartisce le direttive giocando a rimpiattino con gli attori e comandando a bacchetta il suo operatore, proprio alla ricostruzione del set di questo film e alla sua realizzazione viene dedicato molto spazio così come al rapporto non solo professionale fra James Dean ed Elia Kazan.
La sceneggiatura non scivola su lungaggini patetiche ma risulta a volte anche un po' fredda e frettolosa: molto bella tutta la parte newyorkese nella quale si osserva la crescita artistica di James Dean alle prese con l'ingresso all'actor studio, la bella amicizia con Martin Landau e soprattutto i provini spassosissimi dove scrocca dieci dollari al regista o prende a pugni l'attore di colore lasciando a bocca aperta James Whitmore per l'improvvisazione da K.O.
La seconda parte è tutta per il mito di James Dean, capace di guardare dall'alto verso il basso il capoccia Jack Warner interpretato proprio da Mark Rydell: la sua stella era già così splendente da fargli firmare un contratto da un milione di dollari, peccato che il film non approfondisce la realizzazione di "Gioventù Bruciata" e "Il gigante", per il primo soprattutto si mostra a malapena Franco con il giubbino rosso e Natalie Wood è solo nominata da Nicholas Ray, per fortuna l'immagine di James ricoperto da una pioggia di petrolio sotto gli occhi e il sorriso compiaciuto di George Stevens è filmata da Rydell con un brillante montaggio fra retroscena e metacinema ribaltando la precedente scena in cui James aveva dato i primi segni di divismo folle, forse a causa della scoperta di non poter più stringere a se la sua Pier Angeli e di non aver mai avuto un vero padre, la sua unica compagna diventò una Porche in alluminio con la quale entrare per sempre nella leggenda.
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