Regia di Jean Rollin vedi scheda film
Secondo lungometraggio di Rollin sui vampiri, caratterizzato da una eccellente dote visionaria che però contrasta con una sceneggiatura ermetica (per non dire confusa) e probabilmente abbandonata in fase di lavorazione.
Pierre (Olivier Rollin) di notte incontra Vanessa (Caroline Cartier), ragazza inseguita ed imprigionata da loschi figuri che indossano maschere animalesche. Il giovane, alla ricerca della ragazza, finisce per approdare nella villa di proprietà paterna, ove apprende che il padre Radamante (Maurice Lemaître), in combutta con Solange ed altri insoliti scienziati, è alla ricerca dell'elisir di vita eterna. Pierre, cerca il supporto di un amico pittore, quindi si unisce ai mutanti, contro le perverse manipolazioni sponsorizzate dal padre.
L'incomprensibile follia di un regista visionario si va facendo strada in questo secondo lungometraggio sui vampiri (segue The rape of the vampire del 1968). Nonostante la matematica e simmetrica attenzione alla forma (eccezionale la scena con le due gemelle che scendono le rampe di scale del castello con le torce accese), la cura al dettaglio che distingue momenti di onirica poesia (le ombre notturne, oblunghe, degli inseguitori mascherati nell'incipit, in proiezione sugli edifici) e una certa dose di erotismo (nudi oggi certo scontati ma non così lo erano nel 1970), Rollin compone un film dalla trama sconclusionata che, con l'avanzare del metraggio, sembra procedere senza alcuna logica, nemmeno quella fantastica. La sensazione che La vampira nuda sia uno sterile esercizio di stile, dove a predominare è un senso astratto di pittura illusionistica, dalle prospettive talvolta deformate ma più spesso rigorosamente geometriche e speculari, prevale sulla implausibile idea che Rollin voglia raccontare una storia. Pistole che sparano alla tempia senza che si veda una goccia di sangue, cadaveri che respirano: sono imperdonabili trascuratezze che denotano certa distrazione e ingiustificabile superficialità.
La certezza che al (più pittore che) regista interessi mettere in campo una lunga serie di "quadri", arriva da un finale tagliato con l'accetta, quasi motivato dall'avere terminato la pellicola a disposizione (non compare nemmeno la parola fine). Così come i dieci minuti conclusivi denotano una totale assenza di capacità narrativa, con l'intromissione quasi casuale di personaggi (i due anziani custodi del passaggio all'altra dimensione) e spiegazioni che anticipano un tipo di surreale universo parallelo, simile a quello (paradossalmente più motivato) del Phantasm (1978) di Coscarelli.
Alcune analogie ricordano il ben più interessante I vampiri di Riccardo Freda (e Mario Bava), ma si tratta certamente di aleatoria sincronicità, dovuta in parte al plot pseudoscientifico (i ricercatori che tentano di sfruttare vantaggiosamente lo studio del vampiro, anche attraverso le analisi del sangue) e in parte alle location francesi. L'elemento visionario, collocato qui in un contesto di assoluta astrazione, è quello che più traspare da un'opera incompleta e (non) scritta da un regista che dimostra chiaramente disistima e disaffezione alla storia. Un vero peccato, perché con una maggior attenzione al contenuto e una più attenta evoluzione dei personaggi, La vampira nuda avrebbe sicuramente raggiunto ben altri risultati.
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