Regia di Antonio Leonviola vedi scheda film
Un uomo è accusato dell’omicidio di una ragazza e l’ergastolo sembra inevitabile per lui. Ma un bravo avvocato riesce a dimostrare che la ricostruzione dei fatti è molto dubbia.
È la terza regia di Antonio Leonviola, Le due verità, e probabilmente una fra le sue migliori: un giallo/noir processuale con sottotrama sentimentale e uno sguardo psicologico non banale, specie per il periodo; forse in qualche modo debitore del Rashomon (1950) appena girato da Akira Kurosawa – anche se è difficile averne prove concrete. Il fatto è che Leonviola utilizza la medesima tecnica narrativa del regista giapponese: racconta una storia e poi fa a pezzi quello stesso racconto in una seconda versione raccontata da un altro punto di vista; non a caso sul copione hanno messo mano in tanti: l’idea è del regista, la stesura di Leonviola con la collaborazione di Daniele D’Anza, Maurizio Corgnati, Silvio Giovanninetti e Gino Rossi, oltre alla consulenza per la parte giudiziaria dell’avvocato Giuseppe Pacini e l’assistenza giuridica dell’avvocato Arrigo Polillo. Insomma, la lavorazione dietro a questa pellicola dev’essere stata immane e i risultati hanno dato ragione all’autore, che peraltro può avvalersi qui di collaboratori tecnici del calibro di Luigi Scaccianoce (scenografie), Enzo Serafin (fotografia) e Bruno Maderna (colonna sonora), oltre a interpreti come Anna Maria Ferrero, Michel Simon, Ruggero Ruggeri, Michel Auclair, Mario Pisu, Giulio Stival e Valentine Tessier; Gino Rossi compare anche in un piccolo ruolo, mentre Daniele D’Anza è l’assistente alla regia. Forse la risoluzione è un po’ sbrigativa e lascia l’amaro in bocca, ma di certo non è banale. 6/10.
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