Regia di Iain Softley vedi scheda film
Caterine Ellis è quell’infermiera che tutti vorrebbero al proprio capezzale, per la veglia finale della vita: comprensiva, gentile e partecipe. La sua buona nomea gli procurerà un altro “lavoro” di assistenza di un anziano colpito da ictus, Benjamin Deveraux, ed il conseguente trasferimento nella “ridente” di lui abitazione, posta tra le inquietanti paludi nei pressi di New Orleans.
Gli elementi base di un thriller-horror stereotipato sono presenti in dosi abbondanti nel lavoro di Softley: casa scricchiolante sperduta tra coccodrilli e paludi, personaggi inquietanti in ogni dove, porte chiuse da secoli, riti Voodoo, pozioni e ragazza tipo cheerleader-ma-dal-cuore-d’oro da terrorizzare a morte. Anche gli “screaming moments” sono ampiamente telefonati e, se non fosse per il volume spropositato rigurgitato dalle totemaiche casse “home theater” del mio amico Roberto, non mi avrebbero procurato il minimo sobbalzo. Ciò che fa elevare il film al rango di prodotto medio vedibile senza patemi, è la prova recitativa degli inossidabili Gena Rowland e John Hurt; lei, con il suo approccio misurato al personaggio “mefistofelico” della moglie dell’infermo (Violet), riesce a trasudare malsanità da ogni sguardo o azione, anche la più banale. Lui, nei panni dell’anziano da accudire (Ben Deveraux) recita, letteralmente, con gli sguardi e con il corpo (pochissime le parole pronunciate), trasmettendo un senso di angoscia che “buca” lo schermo e si aggrappa alla spina dorsale dello spettatore. La loro prova annichilisce Kate Hudson in un angolo, nonostante il ruolo da protagonista, e consente di non essere completamente trancianti nei confronti di un prodotto paratelevisivo, dal finale “coup de grace” comunque già visto.
Lineare.
Molto derivativa.
Credente.
Perfida.
Infermo.
Ininfluente.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta