Regia di Monte Hellman vedi scheda film
Subito dopo “The Shooting” Monte Hellman ritorna al lavoro di nuovo con Jack Nicholson che firma anche la sceneggiatura del loro nuovo anti-western. Siamo chiaramente nei dintorni del precedente: molta alienazione, azioni dilatate, scene anti-narrative e prosaiche. La storia c’è, ed è quella di due disperati che fuggono da alcuni vigilntes che li hanno scambiati per banditi, eppure l’azione è portata avanti da moduli sì di origine western, ma ricontestualizzati nella grammatica antiretorica dell’autore. Così anche “Le Colline Blu” diventa strutturalmente un anti-western, anti-retorico, secco e crudo, senza sfronzoli morali. Come nel precedente c’è un viaggio, in questo caso una fuga, nel primo una caccia, ma in entrambi i viaggi c’è un obiettivo, una meta. Assistiamo a due assedi, uno all’inizio in cui i vigilantes attaccano il covo dei banditi di Dean Stanton, un altro quando sempre i vigilantes attaccano i due disperati. I segni non cambiano, sono sempre gli uomini dello sceriffo ad attaccare e i protagonisti ad essere attaccati, è quindi una reiterazione del braccaggio, del destino che inesorabile ti fiata sul collo, e lo vediamo stampato sul volto di Cameron Mitchell che affoga nei dubbi della vita. La disperazione del primo film è viva anche in questo suo fratello speculare, e mentre nel primo Nicholson alla fine vagava ferito a morte nel deserto, nel secondo lo vediamo scompararire nella polvere e raggiungere le tanto sperate Colline del Blu del titolo italiano. Ciò non toglie che i vari personaggi, limitatamente ai protagonisti e al nucleo famigliare, siano coyotes senza senso e logica, o uomini apatici buttati nel deserto a vivere in solitudine. Ma soli lo sono tutti. Solitari lo si diventa per scelta, soli lo si diventa per le sfortunate meccaniche della vita. Interessante a questo proposito il parallelismo trai due fuggitivi e il padre della fattoria in cui si nascondo: dalla mattina del giorno prima i primi due sono diventati banditi fuggono, mentre il padre ha iniziato a tagliare con la scure un tronco che non ne vuole sapere. Monotonia della vita sedentaria contro l’avventura della vita itinerante. Ma entrambi i termini della nostra opposizionenon c’è vera speranza. Alla fine solo uno sembra farcela, come sembrava farcela in “The Shooting”, anche se crediamo di no. Lo sguardo di Monte Hellman infine, rimane tra i migliori e i più disillusi, soprattutto in questo dittico western, che ci permette di vivere il fascino della frontiera e dei suoi anti-eroi attraverso un linguaggio svuotato di retoriche estetiche come contenutistiche.
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