Regia di Jerry Zucker vedi scheda film
Di Ghost o della ragionevolezza. Mettiamo un po’ di ordine. Quel che si proponeva come un toccante concentrato di fantasy e trascendentale è stato travolto dalla sopravvalutazione del pubblico e dell’Accademy. Il mito, poi, è grazie alle mille repliche televisive, un discorso analogo a quello di Pretty Woman. Tornando, come si diceva una volta, allo specifico filmico, non si possono non notare due o tre cose buone che lo rendono quantomeno divertente. Prima della coltellata che si becca, creando la rottura dell’equilibrio della narrazione, Patrick Swayze ha modo di prenotare un posto nella storia del cinema romantico modellando il vaso di ceramica assieme all’amata Demi Moore. Unchained Melody fa la sua parte, ed ecco una perfetta alchimia di corpi che si toccano e si accarezzano, si cercano e si trovano. Quando schiatta, il film comincia ad immergersi nel paradossale e nel surreale più puro e scatenato, in un trionfo di kitsch inverosimile, e trova la sua ragione di esistere nella memorabile caratterizzazione di Whoopi Goldberg, maga da quattro soldi che si rivela insospettabile chiaroveggente. La battuta capitale tocca a lei: “Ho un messaggio da parte di Sam”. C’è chi ha pianto vedendo i tormenti dello spettro Swayze e le afflizioni della sperduta Moore – specie nell’inevitabile fine; altri non hanno potuto trattenere risatine e risolini qua e là. Per quanto strappalacrime, Ghost è una storia tremendamente spassosa, è un melodramma abitato da commedianti o una commedia vissuta da melodrammatici, o più semplicemente un fantasy sentimentale: perciò funziona.
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