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Anda muchacho, spara!

Regia di Aldo Florio vedi scheda film

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La recensione su Anda muchacho, spara!

di scapigliato
8 stelle

"Anda Muchacho, Spara!" è uno dei migliori e meno conosciuti dei nostri spaghetti-western. Come le citazioni volute farebbero erroneamente credere, il film di Aldo Florio (al suo secondo ed ultimo western) non è una riscrittura e nemmeno un'equel di "Per Un Pugno di Dollari". I punti di contatto sono molti ed evidenti: Josè Calvo che rifà in Joselito il Silvanito del film di Leone, di cui la dipartita finale è quasi fotocopiata; il protagonista per il duello finale esce da una nuvola di polvere come lo straniero di Clint Eastwood, indossando pure un poncho; non solo il paese fronterizo ricorda la San Miguel di "Per Un Pugno di Dollari", dove c'è una "familia", là i Rojo, qui quella della banca (una "familia" a delinquere, sottile critica al mondo della finanza) che tiene in pugno tutta la popolazione, ma il set del villaggio è proprio lo stesso, quello di Hoyo de Manzanares, immortalato non solo da Leone e adesso da Florio, ma anche da Questi, Romero Marchent, Sollima e Carnimeo.
Fatte la dovute citazioni, e ce ne sono altre come il telegrafista di Francisco Sanz che ricorda il Piripero di "Per un Pugno di Dollari", Florio prende una via diversa. Raccontando di tale Roy Greenford (Testi) che evaso con il vecchio amico Emiliano va al paese di questi per prendersi l'oro che il cattivo Redfield gli aveva preso insieme alla figlia prima di sbatterlo in prigione, e che poi se ne frega dell'oro e aiuta i peones a riscattarsi, raccontando questo racconta di una presa di coscienza etica che molti altri personaggi, lo straniero di Eastwood e il Django di Nero tra i tanti, non arrivano a prendere. Certo, ciò non significa che in questo scarto c'è l'inferiorizzazione del film di Florio rispetto all'antieroico leoniano. Infatti Fabio Testi solo alla fine vuole dedicarsi alla lotta operaia rinnegando l'oro, ed è comunque solo un abbaglio, perchè poi alla fine se ne andrà di gran carriera per paura "di avere qualche tentazione di troppo", come ammette lui stesso: il lupo perde il pelo ma non il vizio. Il Fabio Testi del film di Florio quindi, non è poi tanto diverso dallo straniero leoniano. Entrambi hanno a cuore solo l'oro, ma nel loro profondo sono radicati in un'etica primitiva, non di questo mondo né di questa società, che li rende unici, per certi versi jungeriani. Eastwood e Testi, come Nero, Hill, Steffen e altri, sono l'uomo singolo, l'individuo che risponde ad un'etica non ancora corrotta ed inquinata dalle leggi morali, dai conformismi e dalle ideologie di massa. Sono pistole solitarie che cantano fuori dal coro, ma nel coro ci entrano al tempo giusto per stonare e rovinare l'esecuzione. Solo così la massa, la mandria, i "peones" di tutti i giorni, possono svegliarsi e forse capire. La critica è invece solita intravedere nel Roy Greenford di Testi una rottura con l'archetipo leoniano, vista la perdita progressiva dell'indifferenza nei confronti del mondo che lo circonda. In parte è vero, perchè lotterà al fianco dei peones e lascierà stare l'oro, ma in parte è un'affermazione riduttiva, che non tiene conto dell'etica primitiva che è radicata all'interno di tutti gli antieroi spaghetti che meglio sono riusciti. L'etica è una cosa, e la morale un'altra, tant'è che siamo soliti epitetare questi pistoleri come amorali, piuttosto che immorali. Ma questo non esclude la radicalità di un'etica non di questo mondo, ma di quell'altro, quello che sognamo ogni volta che vediamo correre un cavallo nella prateria.
Il film di Florio poi è interessante per altri personaggi che danno al film toni decisamente scespiriani e tragici. Su tutti Eduardo Fajardo, il banchiere avido e filantropico, nel senso che gli uomini proprio gli piacciono. E' un guardone, e questo glielo rinfaccia la bella Jessica (Charo Lopez) dicendogli che è solo capace di guardare. Questo è lo svelamento sia della sua impotenza, tant'è che solo alla fine impugnerà davvero una pistola per sparare, sia della sua latente omosessualità, per la quale s'ingegna siparietti di tortura, di svelamenti di amanti, "cavallerie rusticane" tra predatori, per dar sollievo alla sua anima decisamente sadiana. E anche il deforme gobbo che costringe Jessica ad amplessi sessuali forzati, il Newman che non s'accorge del tradimento, il mitico Luciano Pigozzi barbiere vigliacco, e la masnada di desperados ai servizi di Fajardo/Redfield che come quella del Zorro di "Se Sei Vivo Spara!" e quella del Maggiore in "Vendetta per Vendetta", gode nella tortura di Roy/Testi. Una tortura che è un'unica grande sequenza erotica, credo tra le più evocative mai viste insieme sempre a quella di "Vendetta per Vendetta". Fabio Testi era un bel ragazzo che portava in viso e sul corpo i segni del desiderio femminile come maschile. In più, il look di "Anda Muchacho, Spara!" è perfetto a renderlo giovane e affascinante all'interno di un film che parla di corruzioni morali come sessuali. Testi è bello anche da pestato e consumato, infatti dalla scena della tortura, siamo un po' tutti presi da quel Roy che vedremo da lì a breve incarnare l'antieroe solitario che raddrizza i torti senza chiedere nulla, pur restando sospeso tra la sua brama amorale di oro e la sua etica primitiva che quando risale in superficie è capace di cambiare un uomo.
Infine, riuscitissimo il duello che vede Fajardo attendere la fine dell'oro prima di sparare a Fabio Testi. Il tutto mixado ai flashback che finalmente rivelano tutti i retroscena seminati qua e là nell'arco della pellicola, ma mai così chiari da farci capire cosa avesse spinto fino lì il nostro eroe.

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