Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
Cosa fare nella periferia dell’Ohio, quando sei (quasi) morto? Lavorare, mangiare, dormire e tornare a lavorare. È il bioritmo di Kyle, ragazzo riservato che trova in Martha una spalla per due chiacchiere, davanti a patatine e hamburger, alla mensa della fabbrica di bambolotti in cui lavorano. La giovane e bella Rose irrompe da fuori, a turbare la loro routine di mezze parole. Ha una figlia, un altro ritmo, e infatti non dura molto lì. Quando viene assassinata, in casa sua, il colpevole deve essere per forza un mostro di fuori. O forse no. Girato in digitale in tempi record, con attori non professionisti, e accompagnato dalla malinconica chitarra acustica di Robert Pollard, che insegue certe punteggiature alla Nick Drake, scritto da Coleman Hough (Full Frontal), Bubble è l’immersione di Soderbergh nella provincia più deprimente e frustrata, con una violenza che sonnecchia e fuoriesce incontrollabile, sorda. Sguardo e fotografia impietosa e alcuni tocchi alla Todd Solondz (Martha sembra la sorella del Philip Seymour Hoffman di Happiness), ma senza la stessa lucida crudeltà. Semplice curiosità minimalista di un regista virtuoso? Restiamo in attesa dei cinque film che porteranno a compimento il progetto.
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