Regia di Scott Derrickson vedi scheda film
Questo “The exorcism of emily rose” si presenta come uno dei migliori horror degli ultimi anni (e non solo) tanto da non sfigurare al cospetto di “sua maestà” “L’esorcista” di William Friedkin. Il merito degli sceneggiatori (Scott Derickson e Paul Harris Boardman) è quello di essersi ingegnati per realizzare un qualcosa di diverso sul tema “possessione diabolica” rispetto a quanto si era mostrato sul grande schermo sino a quel momento. Si decide così di dar vita ad un legal thriller con frequenti divagazioni orrorifiche che ci vengono mostrate soprattutto con il ricorso ad una grande quantità di flash back, peraltro ben giostrati tanto da non rendere pesante la visione. La regia del promettentissimo Derickson, che già si era dimostrato molto bravo dietro la mdp nel noir a tinte orrorifiche “Hellraiser V – Inferno”, è buonissima sia nelle scene horror, ma soprattutto in quelle che si svolgono in tribunale. Dico questo, perché in queste ultime il rischio di cadute di ritmo era molto alto e Derickson è riuscito perfettamente ad evitarlo.
A dispetto di quanto si possa esser portati a pensare leggendo la trama, “The Exorcism of Emily Rose” non è un film adatto ad un pubblico adolescenziale e non si prefigge il solo scopo di intrattenere, tanto che se lo si affronta con questa visione qualcuno potrebbe persino trovarlo a tratti noioso. Gli sceneggiatori ci offrono una visione a 360° sul tema tirando in gioco psichiatria, antropologia, esoterismo e religione lasciando poi la scelta allo spettatore di scegliere quale di queste piste sia preferibile. Ad una visione superficiale si potrebbe esser portati a sostenere che gli autori dello script vogliano suggerire che Emily Rose fosse davvero vittima di una possessione del maligno, ma se si osserva con un occhio attento il film possiamo benissimo renderci conto che gli indizi che ci vengono forniti e che fanno pensare a questo sono molto ambigui (il prete potrebbe esser un fanatico religioso, Emily una schizofrenica, i genitori e l’amico della ragazza dei superstiziosi superficiali, gli altri potrebbero esser stati suggestionati dall’insieme di fattori che si sono venuti a verificare). Tra l’altro anche l’apparizione delle stigmate e degli eventi che si sono verificati nel corso dell’esorcismo non sono dati di fatto, infatti, per le prime potrebbe benissimo trattarsi di ferite autoinflitte o di ferite accidentali (ved. il filo spinato), per il secondo non ci sono testimoni o cmq c’è il rischio per coloro che vi hanno partecipato di esser stati vittime di suggestioni. Anche il fatto che Emily parlasse più lingue rischia di esser risolto nel senso che la ragazza era effettivamente capace di parlarle avendole studiante in parrocchia. Gli autori mirano dunque a farci riflettere sulla possibilità o meno che esista un mondo diverso da quello che noi tutti conosciamo e vogliono lasciare il seguente messaggio: se esiste il male deve esistere anche il bene (l’uno, infatti, è strettamente correlato all’altro). Ne deriva una sceneggiatura ben scritta e molto curata che gode di una profonda autonomia dal capostipite del genere, cioè da “L’Esorcista”, evitando di scendere nel gore e nelle classiche scene splatter con vomito verde o altre trovate che rendono meno realistica la visione. Sotto quest’ultimo punto di vista “The Exorcism of Emily Rose” è molto più terrificante de “L’Esorcista” proprio perché non si assiste ad eventi troppo spettacolarizzati.
Passando ad analizzare la prova degli attori non si può che non restare impressionati dalla performance della Carpenter (figlia del grande regista horror John Carpenter) che debutta sul grande schermo con una prova maiuscola in un ruolo decisamente impegnativo. Discreti anche tutti gli altri. Ottime notizie giungono anche dalla splendida fotografia curata da Tom Stern che offre il meglio nelle scene ambientate in mezzo alla neve, ma anche in quella in cui Emily fugge dalla scuola sotto un autentico nubifragio.
Molte le sequenze da ricordare tra le quali non si può non menzionare l’esorcismo praticato nella stalla. Questa scena è tra le più terrificanti che mi è capitato di vedere e raggiunge il suo apice nel momento in cui gli occhi della Carpenter brillano, mentre questa afferma di esser impossessata da Lucifero. Molto bella, anche per la fotografia, è la scena in cui il prete incontra Satana raffigurato come un’ombra scura riflessa dietro ad una porta a vetri. Al riguardo, è interessante (perché aumenta il senso di disagio nello spettatore) la scelta di Derickson di velocizzare la ripresa mentre il prete scende di corsa le scale. Splendida, infine, la scena in cui Emily ha un’apparizione mariana in un ambiente iper irrealistico che ricorda molto quello del finale de “L’Aldilà” di Fulci.
In conclusione credo che questa pellicola abbia tutti i caratteri per esser ricordata come un cult, assolutamente imperdibile per gli amanti del genere e per gli interessati all’argomento. Voto: 8.5
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