Regia di Tsui Hark vedi scheda film
Con Seven Swords, Tsui Hark ha dato inizio ad un progetto ambizioso, con spunti narrativi e programmatici adatti alla serialità (com’era nelle intenzioni del regista quando girò questo film) e argomenti potenzialmente molto ampi:
LE DONNE
Sono state sempre protagoniste più o meno importanti dei film del regista di Hong Kong (la prostituta e la sognatrice di “The Blade” per esempio), ma mai così numerose (tre le protagoniste principali) e dai caratteri così ambivalenti: la prostituta-schiava Perla Verde, oramai segnata dalla vita ed incapace di instaurare un rapporto normale con l’altro sesso e costantemente chiusa nella sua dolorosa apatia; Liu Yufang, algida figlia del capo villaggio che rifugge (vanamente) la violenza ed estetizza il suo rapporto amoroso con il suo promesso sposo, Han Zhibang; Wu Yuanying, guerriera-satiro riluttante in lotta con le proprie pulsioni amorose e psicologiche.
IL SESSO
Quasi tutte le scene di sesso o erotiche appaiono morbose: cannibalistiche quelle di Vento di Fuoco e Chu Zhaonan con Perla verde, adolescenziali ed aggressive quelle di Han Zhibang con l'indecisa Liu Yufang; le reazioni emotive delle donne farebbero più pensare a tentativi di stupro perpetrati da uomini-padroni su donne-schiave, specchio di una società seicentesca (attuale ?) para feudale misògina e maschilista.
RAZZISMO E INCOMUNICABILITA’
All’interno di una società contadino-guerriera chiusa, si instaura ben presto la paura del diverso, per di più parlante un idioma sconosciuto e ritenuto capace di ogni nefandezza (Perla Verde, coreana) e sospettata ed incompresa anche in punto di morte. Tale condizione, non derivante esclusivamente da razzismo nei confronti del diverso ma anche dalla semplice espressione di idee o concetti invisi alla maggioranza, colpisce, in momenti diversi anche il fratello nr.2 (Yang Yuncong) e Liu Yufang nella claustrofobica sequenza della fuga dal traditore nelle caverne, ignorata nella sua richiesta di aiuto da tutte le persone incrociate, poi cadute sotto la spada del loro nemico occulto.
I SETTE GUERRIERI
Cinque dei sette guerrieri sono dei reietti, ritiratisi in meditazione sul Monte Paradiso e divenuti grandi guerrieri-allievi del maestro e forgiatore di spade Luce nell’Ombra; inadatti perché coreani, perché riluttanti a cercare una vendetta per salvare l’onore della propria famiglia o perché soli e “cresciuti con i lupi” (i personaggi di Xin Longzi e di Mulang sono i meno approfonditi). I restanti due appartengono al villaggio di contadini-guerrieri e sono l’irruente Han Zhibang e la confusa Wu Yuanying.
LE SETTE SPADE
Forse le vere protagoniste del film (rubano spesso l’inquadratura ai protagonisti) hanno dei nomi (come nei poemi cavallereschi/fantasy europei e nei manga giapponesi), che sono: Drago, Fugacità, Dimenticata, Cascata del Paradiso, Divinità, Raggio Celeste e Cacciatore di Stelle. Sono spade magiche e senzienti, simulacri delle complesse e ondivaghe emozioni dei loro possessori, ma ad essi Indissolubilmente legate, consentono al regista di virare l’alone wuxiapian della pellicola verso un versante fantasy.
Tsui Hark poteva perdersi in questa pletora di sviluppi narrativi, contenuti in un iniziale palese omaggio ai “Sette samurai” di Kurosawa ed alla sua variante Western di Sturges, ma invece riesce a mantenere un inalterato equilibrio sceneggiativo e scenico fra tutte le tematiche trattate, imbastendo un kolossal wuxiapian di tutto rispetto. La tecnica registica sfiora oramai la perfezione nella resa delle scene d’azione, con scelte stilistiche chiare e mai scontate; la scenografie dei combattimenti sono essenziali ed affascinanti, la fotografia, altro pezzo forte del film, sceglie l’esaltazione cromatica del rosso (sangue) sullo sfondo cinereo delle scene di battaglia contrapposto alla vitalità quasi iridèa delle sequenza d’amore o pastorali. Tutti gli interpeti sono all’altezza della parte, sia i veterani Lau Kar Leung e Donnie Yen (interprete del personaggio di “Cielo” in “Hero” di Zhang Yimou) che tutti gli altri, con una menzione speciale per l’esaltato e lascivo Sun Honglei (Vento di Fuoco) dall’inquietante risata asinina. Un quasi-capolavoro, sporcato solamente da alcune sequenze eccessivamente retoriche o sensazionaliste, comprensibili, comunque in un lavoro concepito come pilota di una serie di film.
Classica.
Esaltante.
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