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Gervaise

Regia di René Clément vedi scheda film

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La recensione su Gervaise

di Mr.Klein
6 stelle

Assistere alla visione di un film come “Gervaise” rinnova il senso di disagio che molto spesso accompagnano le trasposizioni di opere letterarie,quando riduzione fa spesso rima con corruzione.
Non è un giudizio impietoso,nel senso che le modifiche sono quasi sempre prevedibili,ma i caratteri ne risultano abbelliti,levigati e sostanzialmente meritevoli di un assoluzione quando il discorso zoliano era di tutt’altro tono.
Forse uno scrittore come Zola oggi non risulta molto praticabile e,nonostante sia stato spesso saccheggiato dal cinema,con esiti quasi sempre mediocri,il senso dei suoi romanzi non è stato colto forse perché i motivi che conducono alla rovina i suoi personaggi sono solo suggeriti ma non facilmente descritti.
Zola non era uno scrittore di fine psicologia,di scavo interiore o di aereo sfoggio di cultura alla Henry James,ma un descrittore talvolta snervante di situazioni di desolata,ingovernabile miseria alla quale i personaggi di Gervaise e Coupeau,in questo caso,non sanno porre rimedio:è invece più semplice credere che sia stato spesso scelto come “sceneggiatore” per la facilità con cui le ripetute situazioni di degrado da lui descritte potevano concedere diversi colpi di scena in cui potesse brillare l’esibizionismo di attori e regia.
In questo caso soprattutto:il personaggio di Gervaise Macquart è uno dei più struggenti e malinconici della letteratura ottocentesca,e le ultime 200 pagine de “L’Assommoir”(titolo che sarebbe stato più consono,proprio perché sottolinea il “luogo” morale e non solo fisico in cui i vari personaggi cominciano e finiscono di rovinarsi,più abili nel sottostare ai propri istinti che nel cercare una via di salvezza) sono in assoluto le più tristi,le più disturbanti che si possano leggere ancora oggi.
Aurenche e Bost,gloriosi sceneggiatori del tempo che fu,hanno sbagliato il fraseggio ma,paradossalmente,hanno anche centrato il bersaglio:sicuramente non erano interessati a rendere l’intento sociale di Zola,ma piuttosto ad appiattirlo in un melò che,senza avere conoscenza del romanzo,risulta assai dignitoso se non coinvolgente,carico di un cupo fragore visivo:infatti la parte scenografica ha un valore assai importante,ed è sicuramente la parte migliore del film:rue de la Goutte d’Or è ricostruita magnificamente e un po’ dello sporco continuamente descritto da Zola lo ritroviamo qui.
Sulla definizione dei personagg,però,il discorso cambia:non troviamo qui quei cuori semplici sprovvisti dei mezzi che possano interrompere l’abbruttimento imposto dai vizi e dall’alcool,colpevoli e innocenti in egual misura,fuori dalla grazia divina e avviati a preferirsi come creature vinte e incapaci di risollevarsi da una miseria che diventa quasi la condizione ideale,componenti di quella classe operaia che rinuncia alla propria dignità candidandosi all’umiliazione sociale e alla morte,carnefici di sé stessi;più che altro ,questa Gervaise e questo Coupeau sono immagini che navigano in una timida compassione,che sono solo vittime di un destino che già deciso tutto.
E alcune situazioni sono decisamente travisate,come il tenerissimo sentimento che lega Gervaise a Goujet,che mai si concederanno in tutto il romanzo l’avvicinamento che si vede nel film e che avrebbe davvero deciso la salvezza della lavandaia:uno dei momenti più riusciti del romanzo,e uno dei passi falsi più clamorosi del film,utile però a far rientrare il tutto sui binari del melò;come pure è inesistente il processo agli operai e il successivo allontanamento dello stesso Goujet e di Etienne.
Inoltre,una delle pecche più vistose sta anche nell’aver affidato alla voce fuori campo di Gervaise la spiegazione di alcune vicende.
Lasciata,nell’ultima sequenza,a quello che nel romanzo è solo l’inizio del suo degrado,ci sembra che Gervaise,lavandaia di poche ambizioni tutte negate progressivamente,non abbia trovato la sua giustizia cinematografica,come pure il povero Coupeau,a cui pero è riservata la sequenza più potente dell’intero film,una prova di bravura del regista e degli interpreti:la distruzione della bottega per mano sua ed il suo ricovero:anche se nel romanzo la fine di tutti è di gran lunga più agghiacciante,forse solo lì( e nella bella sequenza della lite tra Gervaise e Virginie al lavatoio) si coglie in parte lo spirito zoliano.
Godibile come melò,appare poco coraggioso come ritratto di individui ,nonostante qualche audacia che all’epoca deve essere sembrata alquanto intrigante.

Su Maria Schell

Era difficile dare volto a Gervaise,alla sua impossibilità di redimersi,e infatti Maria Schell ne fa una damina elegante e un po’ clownesca che fa tenerezza e indovina qualche accento di antica fierezza per sempre perduta.Un po’ petulante ma in fondo efficace.

Su François Périer

Un’interpretazione diligente e misurata,anche perché la sceneggiatura lo ha dispensato dall’affrontare gli aspetti più brutali e animaleschi di Coupeau.

Su Suzy Delair

Raramente una faccia ci è sembrata più antipatica di quella di Suzy Delair(anche se per le attrici francesi non è esattamente una novità),ma proprio per questo,anche se invecchia un po’ la sua Virginie,è oscuramente civetta come il personaggio richiedeva

Su René Clément

Non si può trovare un vero difetto alla sua regia,assisito com’è da una notevole produzione e da un lavoro di ricostruzione scenograficamente notevole,solo sembra un rigido esecutore di un difficile tema piegato alle esigenze dello spettacolo.

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