Regia di Tim Burton, Mike Johnson vedi scheda film
Il fascino della stop-motion è gigantesco. Il senso plastico di mondi veri benchè sognati è la cosa che più fa bene al mondo dell’animazione cinematografica. Una galleria di figure che hanno una propria anima trasferita sulle loro caratterizzazioni estetiche a cui s’aggiunge, per alcune di loro, un viso che richiama un altro viso e tutto il suo mondo collegato: Victor chiaramente Johnny Depp, ma come non notare la somiglianza dell’oscuro prete con Boris Karloff più che con il suo doppiatore originale, Christopher Lee; come non rivedere la Barbara Steel de “La Maschera del Demonio” nella giovane sposa cadavere quand’è nel bosco e controluce; oppure il pirata nano con la spada conficcata nel petto ricorda il viso indimenticabile di Peter Lorre, e il verme solitario ha i tratti del Lon Chaney de “Il Fantasma dell’Opera”. Volute o non volute, queste rassomiglianze danno al film di Burton e Johnson uno straordinario valore aggiunto, oltre alla grande scuola artistica di cui si fanno rappresentanti ed oltre una regia precisa, semplice nel descrivere con fluidità l’intreccio narrativo tanto quando “adulta” nel tratteggiare l’intimismo di personaggi di sola plastilina. Un segnale chiaro di come fare animazione nell’era digitale, e di come raccontare storie senza scendere a patti con lo sterile moralismo e la bieca strutturazione narrativa televisiva.
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