Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film
Germania anno zero è il film conclusivo di un'ideale trilogia neorealista che comprende anche Roma città aperta e Paisà; rispetto ai due film precedenti è meno conosciuto, ma a livello di stile probabilmente non risulta inferiore, soprattutto rispetto a Roma città aperta che era opera ancora parzialmente ibrida in cui "il nuovo convive col vecchio, i grandi lampi di verità con momenti di maniera romanzesca" (Morandini). In Germania anno zero la rappresentazione filmica non concede nulla al romanzesco, è volutamente scarna, austera e antispettacolare e si concentra sulla triste vicenda del piccolo Edmund che cresce in una società malata e si avvia lungo una strada che lo porterà all'auto-distruzione. La macchina da presa diviene qui più mobile rispetto alle opere precedenti e le inquadrature più lunghe, avviandosi verso l'utilizzo del piano-sequenza che sarà preponderante nelle opere della maturità; il quadro della realtà sociale della Germania del dopoguerra è angosciante e non cede a tentazioni assolutorie o semplicistiche. Edmund diviene il simbolo di un'infanzia violentata dalla sconfitta tedesca nel recente conflitto, il simbolo del senso di colpa di un'intera nazione e della sua difficoltà a fare progetti costruttivi per il futuro. Formalmente assai moderno, il film conserva un rigore drammaturgico che gli ha impedito di invecchiare precocemente. Prima di concludere, però, non posso esimermi dall'esprimere un dubbio: perchè Rossellini ha voluto rappresentare il maestro Henning, simpatizzante nazista che corrompe Edmund, come un pedofilo che ha un impulso incontrollabile nel toccare e palpeggiare il ragazzo? Questa scelta si riallaccia probabilmente alla convinzione che molti nazisti fossero dei deviati a livello sessuale, ma personalmente avrei evitato ogni possibile ambiguità su questo punto, dato che nella realtà i nazisti perseguitarono duramente quelli che ritenevano i veri deviati sessuali, i gay, con il triangolo rosa nei campi di concentramento.
voto 9/10
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