Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film
Il film forse più neorealista di Rossellini, almeno a parere personale, ed una delle pellicole fondamentali nella storia del cinema del Novecento, un salto in un medioevo urbano di un Paese letteralmente raso al suolo dalle bombe ma anche alla ricerca di una sua nuova identità
Se si potessero dare sei stelle, "Germania anno zero" le meriterebbe tutte, e non per particolari "doti" cinematografiche ma per quel senso di agghiacciante crudezza sulle conseguenze di una guerra che ha avuto tanti vinti, ma che per la Germania ha costituito proprio l'anno zero, un salto quasi in un medioevo barbarico da "homo homini lupus" dove a vincere nella lotta per la sopravvivenza era solo la legge del più forte. Se in "Roma città aperta" ed in "Paisà" Rossellini aveva creato un racconto crudo ma anche vitale come l'indole italiana, in "Germania anno zero" c'è tutta l'ineluttabilità della sconfitta, delle macerie spettrali, di un'infanzia violata dalla povertà estrema ma anche dalle attenzioni tutt'altro che disinteressate degli adulti. E se alcuni momenti come il disco che diffonde i discorsi di Hitler sulle macerie, o l'organo che suona Haydn in una chiesa senza tetto, sono vette di cinematografia, tutto il film, a partire dal suo piccolo protagonista, segnano una tappa fondamentale del neorealismo. Tuttavia il film venne poco apprezzato dal pubblico: si era ormai nel 1948 e la gente aveva voglia di lasciarsi alle spalle il periodo più buio del Novecento ed era proiettata nell'energia propositiva della ricostruzione.Non soprende più di tanto, d'altro canto questo ateggiamento di rimozione davanti alle grandi tragedie è comune e si preferisce dimenticare che soffermarcisi, basti vedere la povertà di pellicole uscite sui grandi lockdown del 2020 e sulla cupezza profonda di quell'anno bisesto e funesto, per capire come sia difficile raccontare il dramma a pochi anni di distanza da quando si è manifestato.
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