Regia di Ramón Salazar vedi scheda film
Se l’ultimo Almodóvar è sembrato a molti la maniera di se stesso, immaginatevi allora questo film di un epigono trentaduenne, presentato all’ultimo festival di Locarno. Marieta (Cervera) è un travestito narcolettico che raccoglie i soldi per andare in Brasile a operarsi e cambiar sesso; vive con un nano che suona il violoncello; si innamora di uno scaricatore (Puyol) che però di lei apprezza soprattutto il pene (la cui misura dà il titolo al film e viene considerata per tutta la vicenda, chissà perché, un prodigio della natura). Ogni volta che Marieta si addormenta, poi, sogna numeri musicali. Non si scambi questa pellicola per un elogio colorato della diversità: in realtà è semplicemente il sogno, molto misogino, di un mondo in cui le donne siano sostituite da uomini con la vagina (un po’ il rovescio di Parla con lei). Lo svolgimento è molto meccanico, lo spirito camp di quarta mano (indovinate un po’? Parole parole e I want to break free…) A dispetto della confezione ricchissima e dei tocchi trasgressivi (c’è pure il balletto dark blasfemo), le coreografie sembrano quelle di Fantastico o Domenica In di quindici anni fa, a parte una versione ispirata di True Blue.
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