Regia di Fernando Meirelles vedi scheda film
Eccessivamente lungo e un po’ prolisso, è un ibrido un po’ pasticciato nella formA fra velleità autoriali e pericolose sbandate verso un accentuato formalismo accademico fine a se stesso che ha il grave torto di farci uscire dalla visione senza la necessaria indignazione nonostante la devastante portata dei fatti narrati.
Che dire? Un ibrido un po’ pasticciato, fra velleità autoriali e pericolose sbandate verso un formalismo accademico che rischia di trasformarsi in calligrafismo. Eccessivamente lungo e un po’ prolisso, con quell’avvitarsi su se stesso dei troppo reiterati flash back che rendono farraginosa la progressione “drammatica”. A volte addirittura “irritante” sicuramente estenuante, nonostante l’impegnativo e coinvolgente tema trattato che probabilmente per risultare più efficace avrebbe necessitato invece di una linea stilistica più marcata e meno ondivaga. Un’opera insomma che ridimensiona un poco l’interesse (sarà perché il film era stato “pensato” per un altro regista, dalla visione molto più normalizzata e meno “stupefacente” come Mike Newell che si crea il “conflitto”?) verso il suo autore, amplificandone i “vezzi” e i “vizi”, già avvertibili nella sua trascinante opera d’esordio. Meirelles si conferma qui un ottimo direttore di attori (bravissima la Weizs, e soprattutto il commovente, delicato, innamorato Fiennes che ha nello sguardo la sofferta e necessaria malinconia richiesta al personaggio) e un abile creatore di atmosfere, soprattutto nella “parte africana” della storia, risolta con abilità e destrezza, spesso con l’utilizzo emozionale della macchina a mano e il ricorso a un montaggio elettrico e serrato (ottimo anche l’accompagnamento musicale “percussionista”) che ben stigmatizza la terribile realtà di un popolo “cavia” senza speranza, lo stato d'abbandono e la povertà, fra degrado e cinismo nello spregiudicato “utilizzo” di quelle vite umane che diventano “oggetti” per sperimentazioni al limite della decenza senza il rispetto di alcuna etica o morale. La cinepresa incollata ai corpi, gli scarti improvvisi e le impennate che rendono instabili e periclitanti i fotogrammi, tutto contribuisce a riprodurre in maniera estremamente realistica il contesto “rumoroso” e “assordante” di una realtà brulicante che nessuno è disponibile davvero ad ascoltare ed accogliere, restituisce la precarietà di povere “vite sospese” che non fanno storia, non interessano davvero a nessuno. Il versante privato del racconto, e più in generale tutta la “parte europea”, si dipana invece su ritmi fin troppo distesi e in antitesi, con soluzioni un po’ ricercate (carinerie e preziosismi visivi che poco hanno a che fare con il contesto generale), ma scontatamente abituali, e sostanzialmente nel solco di un ormai consolidato “tradizionalismo” anche delle immagini, che rendono l’insieme “patinato” e convenzionale. Un film con due anime insomma, che procede con scarti e velocità troppo differenziate fra loro, che ha a mio avviso il grave torto di farci uscire dalla visione senza la necessaria “indignazione”, nonostante la devastante portata dei fatti narrati, perché se il bersaglio fosse stato davvero centrato, malgrado una certa inevitabile convenzionalità narrativa (vista la fonte era comunque da mettere in conto) negli snodi e soprattutto nel finale (un po’ troppo populista e scontato) avremmo dovuto spesso sobbalzare sulla poltrona schiacciati da un opprimente senso di disgusto e di rifiuto per come va il mondo, avvertendo nel contempo il peso delle responsabilità indotte che derivano dal mantenimento del “benessere” anche salutistico delle società più industrializzate, e quindi indirettamente proiettando malignamente su ciascuno di noi il “peso della colpa” di certe anomalie per le quali ci rendiamo - magari inconsapevolmente – complici, semplicemente non volendo rinunciare ai benefici che ne derivano per la nostra quotidianità. Qui sembra invece di essere chiamati a scartare una “caramella” a sorpresa confezionata con cura in una sgargiante carta stagnola (la “forma” accattivantemente ineccepibile della “media produzione di consumo”, magari a suo modo “impegnata” ma attenta a non destabilizzare troppo gli equilibri e per questo non sufficientemente graffiante) dove l’interesse maggiore sta proprio in quella esteriorità affascinante perché poi il contenuto lascia molto amaro in bocca (e lo sguardo indeciso del narrante non aiuta, ma contribuisce ad accentuare il disagio), non risponde minimamente alle aspettative di chi pretenderebbe davvero di trovare l’adeguato “spessore morale” della denuncia che universalizza le responsabilità ben oltre i singoli comportamenti, perché lo sguardo obliquo, spietatamente analitico che emerge in alcune angoscianti sequenze, non è da solo sufficiente a suscitare quel necessario coinvolgimento profondo delle nostre emozioni… e allora, il dramma, la storia, “il caso eclatante e disturbante che diventa anomalia e non misfatto assoluto, non acquisisce la valenza totalizzante di un delitto contro l’umanità che grida vendetta e non ha alcuna possibilità di redenzione”, non acquisisce la sufficiente forza necessaria per entrare in rotta di collisione con le nostre anime e le nostre coscienze critiche e “farci stare davvero male” come invece sarebbe necessario e salutare.
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Però Valerio, hai dato comunque tre stelle a questo film...che non sono poche. Concordo con quanto ben dettagli nella tua recensione: opera imperfetta, dai ritmi diseguali, regia discutibile, sceneggiatura a tratti pasticciata. Io l'ho visto tre volte prima di capirlo per bene! Ma proprio da non amante del "genere" ho apprezzato il versante intimista, che alla fine è proprio quello che rende "The Constant Gardener" un lavoro atipico. Dove non ci si indigna, è vero. Ma ci si alza con qualche dubbio in più: non solo quelli relativi ai farmaci-case farmaceutiche-ricerca-gestione della sanità nei paesi del terzo mondo-profitti-scelte politiche più o meno dolorose etc....Ma soprattutto quelli relativi a noi stessi, a chi crediamo di conoscere, ai confini difficili fra ideali e vita reale, a quello che siamo disposti a sacrificare, ai "non detti" dei rapporti e ai limiti caratteriali. Ammetto di avere un debole per Rachel Weisz, le cui interpretazioni trovo sempre appropriate. La sua Tessa è splendida. E Ralph Fiennes recita il ruolo dell'inaffettivo (anche solo apparente) che in fondo è quello che gli riesce meglio. La qualità di questo film sta fra loro due. In una spy story avrebbe dovuto essere altrove, ma è pur sempre meglio di niente! :-)
Pere me tre stelle vanno benissimo perchè nonostante i difetti che sono tutti di regia (la forma troppo pasticciata insomma che nuoce alla progressione fortemente drammatica della storia) è un film che merita una visione se non altro per la sconvolgente portata dei fatti raccontati che purtroppo non indigna quanto dovrebbe a causa di una convenzionalità narrativa molto farraginosa che si risolve in un finale un po’ troppo populista e scontato (di maniera insomma). Avremmo dovuto infatti sobbalzare sulla poltrona (cosa che invece non succede e non solo a causa dell'importanza predominante della storia d'amore che spinge lo sguardo in altre direzioni) schiacciati da un opprimente senso di disgusto e di rifiuto per il disprezzo che emerge verso la vita umana dei cittadini del cosiddetto terzo mondo che diventano per le aziende farmaceutiche cavie da macello. Mi sembra comunque che sostanzialmente siamo d'accordo nella valutazione complessiva della pellicola (al di là del numero variabile di stellette che potremmo attribuirle). Anche io infatti ho particolarmente apprezzato l'eccellente prova degli attori (davvero bravissima la Weizs che si conferma anche qui interprete di rango superiore a cui si affianca il commovente, delicato ritratto che Finnes ci fornisce del suo tormentato personaggio in una delle prove migliori dell'intera sua carriera) oltre alla speciale atmosfera che il regista riesce a creare almeno nel segmento africano del racconto (la parte migliore della pellicola) realizzato con abilità e destrezza.
“ ha il grave torto di farci uscire dalla visione senza la necessaria indignazione nonostante la devastante portata dei fatti narrati” . Una mania di molti su film tv di parlare al plurale come se la percezione di voi critici di mestiere è assoluta e dunque vale per tutti! Ma è così difficile dare un parere ed aggiungere “personale” ? Non si pretende di scomodare la virtù dell’umiltà, ormai fuori moda da tempo se mai lo è stata, ma semplicemente una piccola dose di obiettività che non guasta! Non vorrei passare per ingenuo , ma il film a parer mio, è toccante e mi fa sentire molta vergogna delle mie agiatezze! Se poi si pretende che un film ci svegli dal torpore degli egoismi e ci renda migliori nella vita credo che In quel caso sia molto soggettivo!
Guarda che sei proprio fuori strada perchè io sono un utente normale non sono un critico di professione ed è scontato che il mio è è un parere strettamente personale. Qui per esempioquella frase èra ed è da considerare come un pluralis maiestatis (dal latino pluralis maiestatis, si ha, nella lingua parlata o scritta, quando chi scrive si riferisce a se stesso usando la prima persona plurale anziché singolare) ed è semplicemente questo che ho inteso fare senza alcun assolutismo. L'osse3rvazione che fai ingiustamente a me, la condivido credimi perchè io non sono uno di quelli che pensa di avere in mano la verità acclarata (se proverai a leggere qualche altra cosa dei miei commenti ai film dfi cui ni trovo a parlare, troverai infatti spesso "a parer mio" ... oppure"dal mio punto di vista", "per me" etc etc). Ammetto spesso di essere in minoraza risetto al totale delle critiche. Se c'è uno che ama la pluralità dei giudizi sono proprio io e credo sempre di rispettare il parere degli altri anche divergono dal mio. Insomma non universalismo mai e prendo nota dunque volentieri che a te il film è piaciuto (ed ovviamente il tuo giudizio vale esattamente come il mio anche perchè spieghi molto bene le ragioni per le quali lo hai gradito). A me purtroppo ha fatto l'effetto inverso e non potevo che evidensiare quello che ci avevo trovato dentro di negativo. Ti ringrazio comunque del ccommento e dell'occasione che mi hai dato di chiarire meglio il mio pensiero.
Ciao Valerio
Scusami, sono stato precipitato, quando un film mi colpisce, mi piace andare a vedere le impressioni degli altri su film tv e rimango male quando sono distanti dalle mie , (potrei dire anch’io lesa maestá:))? Sono un inguaribile passionale emotivo, e sono anche un artista, per cui giudico le cose più per sensazioni che per “dettagli tecnici” e poi ammetto che se giá dalle prime righe , leggo frasi che non condivido, lascio perdere la lettura, cosí come è stato con la tua critica,ma è stato un errore! Grazie a questa circostanza ho imparato che bisogna andare fino in fondo e fare una valutazione equa a posteriori, tra l’altro aiuta ad essere meno precipitato alla ora di dare la giusta valutazione delle cose!
Scusami ancora e non me ne volere, spero pace fatta heheh! Buona visione del mondo fantástico del cinema e ci vedremo su queste pagine
Certo che lo puoi dire!!! e non devi assolutamente scusarti perchè davvero... non c'è niente ma proprio niente da scusare: hai espresso
semplicemente il tuo pensiero ed è questo che si deve fare sempre e comunque. Anche io, da asoluto dilettante che ha un amore sviscerale per il cinema scrivo seguendo quello che mi suggerisce ilil cuore e sono dunque le emozioni (e a volte persino le delusioni) a guidare la mia mano nella scelta delle parole. E' molto bello che tu faccia lo stesso: lasciati guidare sempre dalle tue sensazioni e difendile sempre dai quelli che non la pensano allo stersso modo, Cercheranno anche loro di far valere le loro idee ma se la discussione viene condotta con pachatezza e nel reciproco rispetto, ognuno troverà nell'altro anche nella diversità delle opinioni nuovi, positivi stimoli di conoscenza.Quindi è sempre un accrescimento.
Io sono insomma stato ben felice di dialogare con te, tranquilllo!!! e non mi hai minimamente offeso. dunque buona visione del mondo fantastico del cinema anche a te e alla prossima occasione (spero cdavvero che ce ne saranno ancora).
Un caro saluto e a presto
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