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I segreti di Brokeback Mountain

Regia di Ang Lee vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I segreti di Brokeback Mountain

di scandoniano
8 stelle

Nell’estate del 1963, i cowboy Jack Twist (Jake Gyllenhaal) e Ennis Del Mar (Heath Ledger), trascorrono l’intera stagione in montagna come custodi di un enorme gregge di pecore, per conto di Joe Aguirre (Randy Quaid). Le giornate sono noiose, il rancio è monotono e scarseggia, gli argomenti alla lunga vanno esaurendosi. Nonostante i due debbano dormire separati per disposizioni di Aguirre, una notte, dopo una sbronza micidiale, Jack e Ennis dormono nello stesso capanno. Qui accade l’imprevedibile: i due consumano un rapido ed animalesco amplesso che cambierà per sempre la loro vita. I due non sono amanti, né riusciranno ad esserlo mai. Sono e saranno semplicemente due perenni innamorati che, nonostante si sposino e vivano lontani, non sanno fare a meno l’uno dell’altro. In questo continuo cercarsi, tempestato di menzogne verso i propri familiari e continuamente occultato ad una società che aborrisce l’omosessualità, i due continuano ad amarsi, a cercarsi, ad incontrarsi. Le loro vite divergono per poi inevitabilmente convergere, continualmente, fatalmente.
La trama è improntata sui due mandriani bisessuali, ma sono le loro relazioni con gli altri a sottolineare, amplificandola, la loro personalità perennemente sofferente: più Jack e Ennis sono attorniati di persone (parenti, amici, figli, mogli), più il loro disagio si fa evidente e la voglia di convergere diviene incontrollabile.
Al di là del fatto, evidente, che Ang Lee mandi in brandelli, con “I segreti di Brokeback mountain” uno degli ultimi tabù del cinema (e forse della realtà contemporanea), ossia quello della virilità del cowboy, il regista di Taiwan sa anche come tratteggiare un amore, maneggiando con sapienza la macchina da presa e coadiuvando il tutto con un montaggio adeguato: le inquadrature sono precise, tagliate perfettamente, con l’intimità propria dell’amore, mentre la loro successione è serrata, come accade solamente per i tumulti del cuore in fibrillazione. Ecco perché l’”Academy”, per una volta, premia, a ragione, il talento di un regista che dimostra di saper stare dietro la macchina da presa (e non solo quando metà del film è girato in digitale – come nel caso del suo precedente “Hulk”). Premiati inoltre anche i due sceneggiatori, capaci di tratteggiare una storia emozionante. Indubbiamente, però, molto azzeccate risultano anche la scelta degli ambienti, precisissimi, e quella dei protagonisti, bravissimi nell’interpretazione assolutamente impegnativa. Insomma: un successo annunciato per un grandissimo film.

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