Regia di George Clooney vedi scheda film
Quando il “politicamente” scorretto diventa politicamente corretto: sempre la solita Storia, bastano cinquant’anni e un evento anticonformista diventa improvvisamente eroico e senza precedenti. La classe di Tutti gli uomini del Presidente insegna che coloro che attentano alla sicurezza (e alla dignità) dell’individuo non hanno un solo volto preciso, e che il giornalismo che indaga al riguardo cerca lo scoop direttamente proporzionale al rischio da correre, più che la gloria personale alla luce di una propria ferrea ideologia. Redford e Hoffman erano infatti abbastanza yuppie per infastidire, nonostante la loro statura (anti)eroica: nessuno spettacolarismo, soltanto alcuni “reali” “giorni del Condor”, in cui a poco a poco sorgeva la paura di essere osservati. Ma George Clooney non ha la grazia di Alan J. Pakula. Qui le fazioni sono sempre alla luce del sole, e anche gli scandali e gli eroi. Ed è tutto lì davanti, nella vecchia televisione che proponeva la realtà delle opinioni. L’importante è denunciare il futuro della televisione corrotta, così da non giudicare solo positivamente il ruolo del giornalista, radiofonico o televisivo che sia. Per spiegarsi meglio: i protagonisti di Good Night, and Good Luck. di George Clooney sono eroi, ché l’unica colpa che si può imputare loro è di fumare come turchi. Sono i fautori di una piccola rivolta alla difesa della libertà di pensiero, in un regime semi-totalitario spacciato per democrazia anti-comunista.
McCarthy, il maccartismo, censure, limiti all’opinione pubblica: il film di George Clooney è tutto una successione di presagi, dalla già citata televisione spazzatura dei giorni nostri, alla possibilità, non formalmente verificatasi, di uno stato che si dichiara democratico ma rischia il monopartitismo. Il Male a senso unico, quindi, sembra spettare al futuro. Intanto Clooney fa un riquadro calligrafico e patinato di un’epoca storica, rendendo edificante ciò che non lo è, e dimezzando il potenziale interesse dei suoi personaggi facendoli ora fatalisti, ora romantici, ora così saggi da rasentare il mito. D’altronde la Storia, per George Clooney, è fatta di Monuments Men, di uomini-monumento che salvano altri uomini o altre cose dai disastri della Storia stessa, ed è grazie al loro buon cuore che tutti siamo salvi. Rispetto però all’orrido film del 2013 Good Night, and Good Luck. si salva nelle sue funzioni più elementari: risulta comunque particolarmente interessante per chi non conosce bene il maccartismo, e fonde consapevolmente i filmati d’epoca con la finzione cinematografica creando un tessuto di indagine (giornalistica/visiva/autoriale) che tiene relativamente attenti nonostante la verbosità. Inoltre tra un’immagine patinata e un’altra, in certe sequenze concitate e dialogate, la regia assume dei contorni quasi warholiani, e ricerca il volto di chi in quel momento sta parlando come se dovesse rincorrere la realtà: uno stile, quello usato per queste singole scene, che sbalza come un dettaglio espressionistico rispetto al generale professionalismo di tutto il film, quasi una concretizzazione formale di quella che era la vitalità intellettuale degli anni ’50. Questi e pochi altri sono i pregi del film: bravura attoriale, regia interessante, bianco e nero fondamentale sia per rendere una certa patina storica sia per creare la giusta atmosfera. Ma il tutto rimane comunque un prodotto poco umano che fra ambizione e ricatto consolatorio (checché ne dica il telefonatissimo fatalismo pessimistico) fa della Storia una passerella di eroi e di cattivi, e come in ogni opera troppo poco ambigua sappiamo bene da che parte dobbiamo stare. Della Storia è rimasta la scorza: costumi, strumenti di comunicazione, fatti in superficie. La mentalità è tutta da cinema medio-basso del nuovo Millennio.
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