Regia di Patrice Chéreau vedi scheda film
Parigi, primi del ’900. Hervey una sera torna a casa e trova la lettera d’addio della moglie. La quale, a sorpresa, torna dopo qualche ora. Non come se niente fosse, ma quasi. Nella sua vita un altro uomo, forse insignificante. Tra i due comincia un gioco al massacro psicologico, pronto a deflagrare in dramma. Tratto da un racconto di Conrad, che alludeva all’impotenza dell’uomo positivista, sicurissimo di sé, di fronte al turbinio della passione, della gelosia, dell’ossessione amorosa. Chéreau sceglie come registro quello del cinema “da camera”, molto concentrato sugli attori (Pascal Greggory e Isabelle Huppert sono mostruosamente bravi), sui primi piani, sugli scorci d’ambiente rubati qua e là. Il risultato è stilisticamente perfetto, rigoroso nella conduzione ma anche formale e un po’ ingessato. Questi duellanti altoborghesi, ai quali si aggiunge una cameriera dal ruolo equivoco, si scarnificano a parole e con gli sguardi, ma i novanta minuti che precedono il potente finale sono onestamente faticosi. Un cinema di testa, forse un po’ inutile.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta