Regia di Patrice Chéreau vedi scheda film
Scusate, ma la presenza di Isabelle Huppert non può sempre garantire che un film sia un capolavoro. "Gabrielle" è un film, come Chereau stesso ammette, formalista e fortemente stilizzato. I primi 15 minuti sembra che tutto debba prendere una piega stranamente ironica. Il ritmo frenetico del montaggio e l'accavallarsi dei dialoghi tra la nobilgente sembrano solo escamotage per scherzare sui personaggi. Poi, il buio. Gabrielle e il marito si lanciano in una discussione (prima a due, poi a tre con l'aggiunta di una serva un po' angelica un po' stronza) senza capo nè coda, il cui unico scopo è arrivare a confermare che il problema vero della coppia è che non scopano...Tutto ciò accade dopo circa un'ora e un quarto. In mezzo ci scappa anche una violenza sessuale che fa ridere e la Huppert che non può che far pensare alla "Pianista" quando dice la parola "seme". Chereau ha giocato con i trucchi del cinema, usando didascalie e bianco e nero a gogo. Il risultato fa acqua da tutte le parti, e il film non ha alcun tipo di interesse. Piacerà solo a chi pensa che un film si possa reggere sulla bravura di un'attrice.
Buona interpretazione, ma senza vigore.
Bellissima e sempre più autolesionista. Premiata ingiustamente con un leone di riserva, la Huppert continua ad incarnare personaggi di donne ambigue e dolorose, ma incappa in una sceneggiatura fiacca e in una regia altrettanto smorta.
Stile ed eleganza, ma niente anima. E, soprattutto, niente ritmo. "Intimacy" era un'altra cosa.
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