Regia di François Jouffa vedi scheda film
Raro caso di erotico spinto distribuito dalla Warner Bros. Di enorme prevedibilità, costituisce l'opera prima di un regista francese che tornerà sull'argomento solo a distanza di anni, con una seconda e ultima pellicola (Sex et perestroïka, 1990). Titolo dimenticato, a ragion veduta.
Parigi. Beatrix (Sylvie Matton), studentessa di filosofia lontano da casa al fine di frequentare la scuola, per curiosità decide di visitare una casa d'appuntamento. Renée (Olga Valéry), anziana titolare del bordello, la convince ad intraprendere la carriera di prostituta, mutandole il nome in Julie e promettendole un'ottima retribuzione. Assieme alle "colleghe" Nadine e Carol, Beatrix incontra diverse tipologie di clienti: feticisti (tra i quali persino un uomo travestito da coccodrillo), diplomatici, vescovi e uomini di famiglia in cerca di evasioni sessuali. Quando incontra Jean-Pierre, scopre di esserne innamorata e arriva a stabilirsi a casa sua, lasciando il casino. Il rapporto non funziona nel migliore dei modi, data la freddezza di Jean e Beatrix presto torna a lavorare per Renée. Dopo un'altra fugace relazione (a tre) con una coppia composta dall'amica Martine e suo marito, decide di dare sfogo alla sua passione per la filosofia orientale, arrivando a stabilirsi a Ceylon, in un monastero buddista.
Sylvie Matton in pieno esercizio delle sue "funzioni"
Prima e penultima regia di François Jouffa, per un titolo - distribuito nientemeno che dalla Warner Bros. - anticipato da un film dall'analoga trama per il quale il cineasta ha scritto non a caso la sceneggiatura (The swinger, diretto dal futuro autore di hard, Francis Leroi, nel 1972). Interpretato da Sylvie Matton (accreditata come Sylvie Meyer e comparsa anche nel successivo Spermula e nel felliniano La città delle donne) La bonzesse è un erotico leggermente più spinto per l'epoca (tanto per dire: Beatrix/Julie afferra un membro, in campo lungo, per poi eseguire una fellatio non ripresa in dettaglio), anche se mai immerso nell'hard. Risulta essere una pellicola molto lenta e poco efficace sul piano dell'erotismo a causa di una sceneggiatura scritta senza particolare approfondimento, una regia anonima, una mediocre colonna sonora e interpreti poco affascinanti, a cominciare proprio dalla stessa Sylvie Matton. La si ricorda per titoli di testa originali, caratterizzati dall'effetto acustico (ritmico) provocato dal cadere di gocce d'acqua, e per un finale antitetico con la protagonista che, dopo aver rasato i capelli, si priva di ogni stimolo erotico, finendo per volontà ospite in un monastero buddista (con scene girate in Sri Lanka).
Attività nella casa di piacere di Madame Renée
Sui nostri schermi è giunto solo tre anni dopo (nel 1977), non lasciando ricordo del passaggio nelle sale a causa di una banalità e una piattezza di fondo che ne caratterizzano l'intero girato. Per quanto non manchino immagini di nudo, François Jouffa mai riesce a stimolare la fantasia dello spettatore riuscendo nella difficile impresa di rendere glaciali le scene d'erotismo. La seconda ed ultima sua regia, che tratta un tema sociale di certa rilevanza, arriva a distanza di anni nel 1990 (Sex et perestroïka).
"Se una donna vuol vendere parte del suo corpo probabilmente non è molto diverso da un violinista che dà un concerto… è la sopravvivenza nel modo che si conosce, la morte arriverà ma è meglio giocarla e farla aspettare ancora un po’." (Charles Bukowski)
Estratto dal film
F.P. 19/07/2020 - Versione visionata in lingua francese (durata: 98'51")
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