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Il sesso degli angeli

Regia di Ugo Liberatore vedi scheda film

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La recensione su Il sesso degli angeli

di mm40
4 stelle

Tre belle ragazze 'abbordano' un aitante giovane proponendogli una gita in barca al largo nell'Adriatico, verso le coste slave; il ragazzo non se lo fa ripetere due volte e intraprende così un viaggio fra nudità, sesso, libertà e droga. Proprio in seguito all'assunzione di acido lisergico, i quattro vivono una serata delirante che culmina nel sangue. Cosa e come sia successo, però, nessuno lo sa.

L'avventura di Antonioni (1960) in chiave di thriller sessantottino: ecco servito l'esordio dietro la macchina da presa dello sceneggiatore Ugo Liberatore, con questa pellicola dalle pretese alte - fin dal titolo - e dai risultati effettivamente piuttosto deludenti. La sceneggiatura (opera dello stesso regista) punta su una trama semplice e fatta di sfumature, tanto che sarebbe sembrata più adatta a un cortometraggio che agli oltre cento minuti di pellicola de Il sesso degli angeli; in quanto alle sfumature, poi, i personaggi non sembrano caratterizzati tanto a fondo da poter offrire l'intrigo psicologico per il necessario coinvolgimento dello spettatore. Forse ciò anche a causa dei limiti degli interpreti, non disastrosi ma neppure in grado di sostenere sulle proprie spalle una scena scarna e basata essenzialmente sui dialoghi, seppure Liberatore sia stato bravo a non rendere il film troppo verboso (cosa che sarebbe stata tipica per uno sceneggiatore che esordisce come regista con ambizioni autoriali). Il protagonista maschile è il debuttante Bernhard De Vries; al suo fianco c'è un tris di ragazze (non molto più esperte, data la giovane età di tutte d'altronde) composto da Rosemary Dexter, Doris Kunstmann e dalla compagna - nella vita - di Pippo Franco, Laura Troschel, fino a quel momento vista soltanto nello sperimentale Ricordati di Haron (Romano Scavolini, 1966). Note positive vengono in ogni caso dalla confezione, curata da ottimi collaboratori come Franco Fraticelli (montaggio), Leonida Barboni (fotografia) e Giovanni Fusco (colonna sonora, già sodale del pignolissimo - in fatto di musica - Antonioni, fra l'altro, per i suoi Il deserto rosso, L'eclisse e... L'avventura). La morale del film? Libera la tua mente, ma non dimenticarti mai del tuo corpo. O forse no, ma che importa? La storia è tanto vaga (e apprezzabilissima la scelta di lasciarla tale, specie per l'evento centrale della trama) che qualsiasi riflessione risulta accettabile. 4/10.

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