Regia di Georges Franju vedi scheda film
Dal romanzo di Zola La colpa dell’abate Mouret (che è il titolo originale): nella campagna francese dell’Ottocento un giovane prete si sottopone a digiuni che lo sfibrano e nutre un attaccamento morboso per una statua della Madonna, ma un collega più scafato individua giustamente proprio nella purezza il suo punto debole; e infatti la tentazione è lì a due passi, nella persona della nipote di un vecchio miscredente cresciuta liberamente a contatto con la natura. Inizio e fine si mantengono su un piano abbastanza realistico; la parte centrale è invece un pastrocchio insopportabilmente estetizzante dove si ripete la storia di Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden (c’è pure un serpente che si avvinghia intorno a un albero, giusto per chiarire il concetto), e dà l’idea di come sarebbe stato Laguna blu diretto da Bresson. Ci sono poi incertezze ideologiche: se il personaggio del prete maturo è quasi grottesco nella sua durezza e insensibilità, anche quello dell’anticlericale non viene visto in una luce positiva; non parliamo poi del pretino, che nell’ultima inquadratura mostra di non essere affatto guarito.
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