Regia di Salvatore Samperi vedi scheda film
Il film più riuscito di Salvatore Samperi, frutto di una combinazione ottimale di contributi (tecnici e artistici) in grado di dar vita a un "modello" ideale e anticipatore della successiva, vivace, "commedia sexy". Cast esemplare, sul quale primeggiano la carnale -al tempo stesso divina- Laura Antonelli, Turi Ferro e lo sfortunato Alessandro Momo.
Sicilia, 1957. Il cavalier Ignazio La Brocca (Turi Ferro), padre di tre figli - il maggiorenne Antonio (Gianluigi Chirizzi), l'adolescente Nino (Alessandro Momo) e il piccolo Enzino - rimane prematuramente vedovo. Proprio il giorno del funerale giunge, in casa La Brocca, Angela (Laura Antonelli), cameriera assunta precedentemente dalla defunta moglie di Ignazio. L'avvenenza della nuova ospite non passa inosservata: prima il figlio maggiore Antonio, quindi Nino e infine lo stesso Ignazio tentano di sedurla. Ignazio si decide a chiedere il benestare alla matriarca Adele (Lilla Brignone), per potersi sposare con Angela mentre Nino inizia ad importunare la cameriera, traducendo in realtà le sue morbose fantasie adolescenziali.
Da un soggetto in parte opera anche del produttore/regista Augusto Caminito, Salvatore Samperi (1944 - 2009) - assieme a Alessandro Parenzo e Ottavio Jemma (1925 - 2015) - scrive per il grande schermo una storia semplice, trattandola in chiave marcatamente ironica, al punto che persino le sequenze iniziali del funerale assumono una connotazione grottesca, destinata a offuscare la tragedia che coinvolge la famiglia piccolo borghese dei La Brocca. Quattro maschi rimasti soli, presso i quali piomba inaspettatamente un angelo (non per caso di nome Angela) a risollevarne gli umori e, nei più grandicelli, anche qualcosa d'altro. Ambientato nel 1957 (lo si evince da un telegiornale che cita l'onorevole Giulio Pastore), in una Sicilia particolarmente torrida (come sottolineato dalla superba fotografia di Vittorio Storaro), Malizia può contare su un insieme di elementi che, armonicamente, finiscono per integrarsi tra loro dando origine a una pietra miliare della commedia sexy all'italiana, destinata ad essere più volte imitata e citata. È un film importante, a capo di un filone molto prolifico, che annovera un cast ispirato e molto ben composto, sul quale emergono - oltre alla divina Antonelli, qui al culmine di una sensualità e una carnalità dionisiaca - l'attore teatrale Turi Ferro e il giovane, nemmeno maggiorenne e molto sfortunato, Alessandro Momo (1956 - 1974). Persino le parti secondarie risultano molto ben attribuite: dal parroco Pino Caruso a Tina Aumont (sorella disinvolta dell'amico di Nino, interpretato da Stefano Amato, poi presenza fissa nella lunga serie di commedie sexy), per finire con il "più bel culo di Catania", quello della procace Ines Corallo (Angela Luce). Samperi orchestra con perizia, improvvisazioni di ripresa a dir poco fortunate e tanta ironia, un complesso insieme di elementi di grande qualità che comprendono tutti gli aspetti poliedrici delle varie componenti cinematografiche: dalla musica, perfetta, di Fred Bongusto (1935 - 2019), alla magnifica fotografia di Vittorio Storaro; dai costumi di Ezio Altieri (tra i quali la succinta, corta ed epocale, vestaglia da domestica della Antonelli) al montaggio di Sergio Montanari. Girato in stato di grazia, con macchina a mano, ma con improvvisazioni tecniche che lo hanno reso memorabile (il lungo piano sequenza finale, con Momo e la Antonelli illuminati a tratti dai lampi di un temporale), Malizia ottiene un successo clamoroso in patria, ma anche all'estero, dando l'avvio alla fortunata stagione cinematografica della indimenticabile "commedia sexy all'italiana".
La parola a Salvatore Samperi [1]
"L'idea era una rivisitazione divertita di quel momento particolare che è l'adolescenza, con una costruzione curiosa: in questa casa, dopo la morte della madre, arrivava un angelo - la protagonista di Malizia si chiamava Angela - ed era giusta per tutti. Il bambino non faceva più la pipì a letto. Era un vero angelo. In quel periodo poi, una donna di servizio che veniva dalla campagna, è come se oggi arrivasse una filippina, era un mondo assolutamente estraneo alla piccola borghesia a cui appartenevano i protagonisti. E qualche cosa era anche autobiografica, risse tra me e mio padre, perché mi trovava pacchetti di sigarette; per gioco, ho chiamato Turi Ferro Ignazio, come mio padre. Grazie zia era un film adolescenziale, Malizia, in qualche modo, è superare l'adolescenza e vederla con occhi un pò più distaccati, sorridendo, senza prendere il tutto seriamente come invece era in Grazie zia. (...) Nel realizzarlo abbiamo speso molto poco ed è stato un exploit in Italia e fuori dall'Italia; in Francia è ancora uno dei primi dieci incassi di tutti i tempi per i film italiani. Avevo visto un piccolissimo film con Laura Antonelli e me ne ero innamorato immediatamente, aveva questa faccia da Madonna e un corpo da Venere, attaccato alla terra, era un pò la dea della fertilità, con questo faccino, invece, dolcissimo. La scelta su Laura è stata immediata. In quel periodo Clementelli aveva sotto contratto sia Mariangela Melato, diciamo commercialmente era settanta milioni di allora, e Laura Antonelli che era sette. Considero Mariangela un'attrice straordinaria, ma ero convinto che Laura fosse perfetta per la parte. Lo stesso per un padre come Turi Ferro, con la sua esperienza teatrale, è stata una scelta quasi immediata. Volevamo fare un film senza grossi nomi, me ne sono stati proposti un paio, tipo un tentativo con Manfredi - per carità - che mi avrebbero completamente spostato l'asse del film, da quello che in realtà era. Un film in qualche modo corale, con questo centro di gravità. La scelta di Alessandro Momo, invece, fu un pò casuale: abitava di fronte a casa mia, ed era uno di questi discolacci che facevano casino dalla mattina alla sera; venne a fare un provino insieme ad altri, io lo conoscevo già, conoscevo i genitori. Lui parlava abbastanza romanesco e utilizzai i provini tenendoli muti, senza il sonoro, dalla faccia ho capito che funzionava. Alessandro è diventato poi una specie di fratello minore, i suoi genitori non sono giovanissimi, e per me, mia moglie, la sua vicenda è stato un brutto colpo: è morto poco prima che nascesse mio figlio. L'attaccamento è un affetto che mi rimarrà sempre. Tutti sostenevano che, in fondo, fosse una storia molto italiana, invece ha funzionato dappertutto. In realtà, Malizia, credo che avesse delle qualità grosse, anche a rivederlo oggi: io, Storaro, il mio montatore, le scenografie di Ezio Altieri; un amalgama estremamente ben riuscito. Uno di quei film che, quando esci dal cinema, dici: 'Che bel film'. Non 'che bella fotografia', cosa che capita spesso con Storaro. (...) Le cose giuste al momento giusto hanno questa esplosione. Ma sono convinto che ci fosse la capacità di riconoscersi da parte di tutti, in quel periodo. Curiosamente fu un film che piacque molto alle donne, non fu mai considerato un film antifemminista. I grandi successi è poi sempre difficile spiegarli. (...) Il cinema è luce, se si spegne la luce, non si vede più niente quindi è fondamentale la complicità tra il direttore della fotografia, il regista e lo scenografo. La curiosità di Malizia è che era un film totalmente ambientato al tramonto, c'era, dall'inizio alla fine, luce arancione. Facevamo entrare questo 'orange' dalle finestre, non c'importava niente del realismo, dava questa atmosfera siciliana un pò calda, anzi molto calda. Poi, per ragioni pratiche (abbiamo girato quel film in dicembre), un giorno ci siamo resi conto che alcuni negozi all'interno tenevano le luci accese, quindi abbiamo chiesto al Comune di accendere tutti i lampioni delle strade. La luce era fondamentale per creare l'atmosfera, nel gioco finale dei tuoni e dei lampi. Abbiamo girato due terzi del film dentro a quella casa, poi a un certo punto l'abbiamo stravolta: i teli bianchi, tutta la geometria e la geografia della casa era cambiata. Un posto in cui avevi visto per due terzi del film, improvvisamente cambiava: questa specie di fantasmi illuminati, questi mobili coperti da teli bianchi, diventano abbastanza affascinanti. Come spesso si fa al cinema, si tende sempre a lasciare un pò di luce per non arrivare al buio totale. In realtà abbiamo fatto in modo che la torcia elettrica cadesse vicino ai due attori e lasciasse quel segno, di luce diffusa. Abbiamo fatto tutto quel pezzo di scena facendo: lampo, buio, lampo, buio, senza questa lucina di accompagnamento. Certe cose nascono casualmente, vedendo quello che fai ti rendi conto che la via usuale conduce forse a risultati meno belli di quella inusuale. Giravamo quasi tutto macchina a mano, Vittorio aveva uno straccio davanti per confondersi se ci specchiavamo (...) siccome lei parlava in soggettiva, c'era qualcosa di credibile nella sua rabbia nei confronti della macchina da presa, quindi verso di me e verso Vittorio. Comunque sentivamo di far qualcosa di 'non tanto normale'. C'era il gusto di una cosa particolare. Quello strumento era in qualche modo questo gioco sul potere, questa specie di arma che metteva in condizione di inferiorità lei. Sempre nel gioco di vittima e carnefice, in cui c'è un rapporto di complicità. Nel momento in cui lui la perde, lei rifà lo stesso gioco e lui ha paura. Però, anche raccontare che il suo potere era un potere adolescenziale (...) certi giochi, crudeli si fa per dire, li faceva per tentare di capire quanto su di lei contava. Quando si arrivava alla conclusione, lui non sapeva cosa voleva. Nel momento in cui lei prende il gioco in mano, lo accompagna verso un cambiamento epocale. (...) Alcuni accenni sulle differenze di classe, c'erano. Quando Turi Ferro chiede di poter sposare Angela, la madre gli dice: 'La serva si può usare in tanti modi, ma non si può sposare.' Lui risponde: 'C'e un vantaggio, così non la pago neanche.' La censura televisiva mi ha fatto perdere venti minuti di film, non si capisce assolutamente niente. Tutta la scena dei lampi e dei tuoni, è sparita. Fu una follia... (Malizia 2000) fu un'operazione purtroppo terrificante, Laura non stava assolutamente bene. Era un'idea fissa di Clementelli di fare quel film. Io mi sono trovato coinvolto perché lei aveva avuto dei problemi giudiziari e, non fare il film, voleva dire da parte mia dare un giudizio su quello che le era successo (...) L'unica cosa che ne usciva era un'oggettiva tristezza del personaggio, la malinconia di Laura di fronte a tutti i suoi problemi: l'età, la solitudine... Alessandro era veramente un'ira di Dio e poi aveva la mania di togliersi le scarpe quando non girava. Non poteva usare le sue mani, perché era minorenne, quindi quando c'erano le mani sulle gambe di lei, erano le mani del mio aiuto regista. Salvo che un paio di volte, di nascosto, lei si è lasciata toccare ed era immediata la reazione di Momo, gli si accendevano le orecchie che sembravano due fari... Avevo 23 anni quando ho fatto Grazie zia, quello che ha fatto Malizia ne aveva 28, quindi non potevo più passare per adolescente. (...) Quello che esprimevo in Malizia forse era un pò più generalizzato e un pò più divertito e distaccato, anche se ero sempre molto partecipe. Mi ha svecchiato moltissimo, è ancora modernissimo, girato in maniera perfetta. Non parlo di me, parlo di Laura, senza di lei non sarei riuscito a farlo, senza Turi Ferro, Angela Luce e poi tutti i vari tecnici. Un film bellissimo, di quelli che si chiamano 'film fortunati', che hanno una loro storia e se ne vanno per conto loro..."
Ricordi dello sceneggiatore Ottavio Jemma [2]
"Lavoravo da tempo con la Clesi, Silvio Clementelli mi fece leggere un copione che Salvatore gli aveva dato - Beati i ricchi - che lui aveva scritto con Aldo Lado, perché io dessi un parere sul copione. A me, il copione, non piacque per la verità e lo dissi anche a Silvio. Io, in quel momento, lavoravo per Silvio a un altro film e avevo anche un impegno con la televisione, per cui non potevo proprio metterci le mani. Loro volevano farlo presto e chiamammo, tutti assieme, Sandro Continenza che aiutò Salvatore a rimediare in qualche modo a quelli che erano gli errori del copione. E poi lui fece questo film, che non andò molto bene. Mentre lavorava a questo film - dato che Silvio aveva un contratto per più film da realizzare con Salvatore - decidemmo di cercare un'idea, sia per lui che per Laura Antonelli che era sotto contratto con la società. Venne fuori questo soggettino che abbiamo letto e scartato del tutto, per impiantare su questo spunto un'idea con una storia completamente nuova: ed è nato Malizia. A me Silvio fece leggere un soggetto che portava alcune firme, una delle quali ricordo che era quella di Augusto Caminito, un produttore/autore/regista/scrittore di cinema. Però era un brutto soggetto, raccontava la storia di un ragazzino viziato di una famiglia borghese che tentava di schiavizzare sessualmente una piacevole, avvenente, cameriera; addirittura la minacciava con la pistola del padre, insomma cose così, un pò trucide. A noi il soggetto non piaceva, però piaceva lo spunto che c'era di questo rapporto tra il ragazzino e la cameriera e cercammo di raccontarlo nel contesto di un'analisi sociale e un pò più autentica. Sappiamo tutti che nelle tradizioni antiche di famiglie piccolo borghesi e, soprattutto, al Centro Sud, ma forse anche di altre zone d'Italia, che l'iniziazione sessuale dei ragazzi fosse affidata alle cameriere e, in qualche modo, alle cameriere piacenti. Silvio aveva un rapporto fisso con la Antonelli, dato che aveva già fatto, per la Clesi, un film con la Antonelli che si chiama Il merlo maschio - al quale io, tra l'altro, ho anche collaborato, che aveva segnato un grande successo all'estero più che in Italia - era andato benissimo in Francia, anche criticamente - e fu lanciato con un manifesto che è passato alla storia, quello ricavato da un'idea fotografica di Man Ray. Io avevo un contratto con Laura, che era un contratto per tre o quattro film. Cercavo un'idea nuova per lei e si pensò subito che quella fosse un'idea giusta per Laura. Abbiamo pensato a lei sin dall'inizio, non c'è passato per la mente nessun altro nome femminile. L'uomo, fu invece una scoperta di Salvatore e mi pare che abitasse addirittura vicino. Fu un singolare segno del destino perché, secondo me, è una delle chiavi del successo del film, oltre a Laura. La scelta del protagonista non fu così facile. Salvatore e io avevamo sempre pensato a Turi Ferro come interprete ideale del padre di Momo, ma quando andammo a portare il copione a Fulvio Frizzi, che era il produttore della Cineriz, la società con la quale veniva distribuito il film, ed era un uomo dal naso finissimo - subito fiutò il colpaccio commerciale - si preoccupò di dare a questo progetto, al quale teneva molto, anche il supporto di un attore grosso di quelli che già garantivano, in qualche modo, il successo commerciale. Decise quindi di mandare il copione a Sordi, Gassman, Tognazzi e Manfredi per vedere come reagivano. Salvatore e io stavamo nell'ufficio di Clementelli, aspettando l'esito delle sue telefonate di controllo, ci guardavamo in faccia e pregavamo solennemente il Signore che fossero quattro rifiuti. Facevamo il discorso che, se uno di loro è dentro e il film va bene, sarà un ennesimo successo di Sordi, Manfredi, Tognazzi o Gassman; se invece non c'è un attore di grande chiamata, il successo sarà più nostro, sarà più del film. E quindi speravamo che rifiutassero tutti. Per fortuna, tutti quanti dissero di no. Alla fine Fulvio Frizzi si dovette rassegnare a riconoscere tra il più bravo, di quelli poco famosi, Turi Ferro. E credo che Turi Ferro abbia dato il suo bravo contributo al risultato... un attore di classe. Scritto il copione, scritta la storia, in una specie di stato di grazia, che ci ha illuminato tutti, perché poi, questi risultati qui, nascono solo quando - non si sa per quale motivo al mondo - tutto funziona meravigliosamente bene: i rapporti personali, il produttore, il regista, lo sceneggiatore, tutti sono uniti da una specie di stato di grazia. È andato tutto facilmente, abbiamo lavorato due o tre mesi al copione, molto spesso nella villa di Silvio, a Zagarolo, e quindi anche lui partecipava qualche volta alle sedute; ci divertivamo molto, devo dire, a fare questo film. Una volta scritto il copione non ci sono stati grandi cambiamenti, non ci sono stati ripensamenti, non ci sono state aggiunte o sostituzioni. Scrivemmo prima un trattamento, poi venne ad aiutarmi un amico di Salvatore che era Parenzo, era un ragazzo molto intelligente che, a un certo punto, ha preferito mettersi a fare il produttore. Malizia fu un risultato del tutto, assolutamente, eccezionale: nell'America del Sud ha avuto successi clamorosi. Io ho un nipote che fa il cinema in Brasile e sono tre anni che prova ad acquistare i diritti di Malizia perché ne vuole fare una versione brasiliana, attualizzata, con attori brasiliani. Ho cercato di aiutarlo ma i diritti non sono più della Clesi ma appartengono alla Warner, la quale pare che sia inavvicinabile da un punto di vista delle richieste finanziarie. Quindi, per dire, ha avuto un tale successo che lì vorrebbero rifarlo. Stati Uniti, Europa, ha avuto un grandissimo successo dappertutto, è stato apprezzato e ha avuto risultati economici importantissimi."
Turi Ferro (1921 - 2001) [3]
"Nato a Catania nel 1921, Ferro inizia a recitare giovanissimo nella Brigata d'arte filodrammatica diretta dal padre Guglielmo Ferro. Sposatosi con l'attrice Ida Carrara, nel '48-'49 recita insieme a lei nella Compagnia di Rosso di San Secondo a Roma. Dal 1957, con la Fondazione dell'Ente Teatrale di Sicilia, poi divenuto Teatro Stabile di Catania, porta in scena una gran quantità di opere di autori siciliani come Verga, Pirandello, Sciascia, Rosso di San Secondo. In seguito passa ad autori italiani e stranieri. Negli anni seguenti, passa a far parte di altri teatri, come il Teatro Stabile di Genova e il Piccolo Teatro di Milano, dove nel 1966 offre una memorabile interpretazione ne 'I giganti della montagna' di Pirandello, per la regia di Giorgio Strehler. All'inizio degli anni Sessanta inizia a lavorare anche in televisione, recitando in commedie ridotte per il piccolo schermo e in sceneggiati di gran successo come 'Mastro Don Gesualdo' (1964) da Verga, 'Padrone del villaggio" di Dostoevskij', 'Il segreto di Luca' (1969) da Silone, fino ai più recenti 'E non se ne vogliono andare' (1988) e 'E poi se se ne vanno?' diretti da Giorgio Capitani. Più marginale la sua carriera nel cinema, anche se gli capita di essere diretto da registi come Valentino Orsini e Paolo e Vittorio Taviani (Un uomo da bruciare), Antonio Pietrangeli (lo la conoscevo bene), Damiano Damiani (L'istruttoria è chiusa: dimentichi), Lina Wertmüller (Mimi metallurgico ferito nell'onore). Nel 1973 conquista molta popolarità interpretando Malizia di Salvatore Samperi, due anni dopo è il protagonista di Vergine e di nome Maria di Sergio Nasca. Le sue ultime apparizioni cinematografiche sono nei film Malizia 2000 (1991) di Samperi e Tu ridi (1998) di Paolo e Vittorio Taviani. È morto a Catania nel 2001."
Laura Antonelli (1941 - 2015) [4]
"Laura Antonelli nasce a Pola (Croazia) nel 1941. Insegnante di educazione fisica, poi interprete di fotoromanzi, viene notata per il suo sex appeal privo di volgarità e debutta nel cinema a venticinque anni (tra i suoi primi film ricordiamo Le spie vengono dal semifreddo di Mario Bava e La rivoluzione sessuale di Riccardo Ghione). Ottiene il primo successo nel 1971, accanto a Lando Buzzanca, nel film Il merlo maschio per la regia di Pasquale Festa Campanile. L'anno seguente lavora accanto a Jean-Paul Belmondo in Trappola per un lupo di Claude Chabrol, ma il grande exploit avviene nel 1973 con un film considerato il capostipite dell'erotismo all'italiana, Malizia di Salvatore Samperi. Per il personaggio della domestica Angela, interpretato in questo film (indimenticabile la sua vestaglia corta entrata nell'immaginario collettivo degli italiani), la Antonelli vince un Nastro al David di Donatello e un Nastro d'Argento come miglior attrice. In seguito interpreta altri film del filone erotico tra cui Sessomatto (1973) di Dino Risi, Peccato veniale (1974) di Samperi, Mio Dio, come sono caduta in basso! di Luigi Comencini. L'immagine sensuale della Antonelli viene utilizzata anche in film di ambientazione aristocratica o decadente: un caso su tutti, L'innocente (1976) di Luchino Visconti tratto dal romanzo di D'Annunzio. La carriera della Antonelli prosegue per lo più con film commerciali: Il malato immaginario di Tonino Cervi con Alberto Sordi, Mi faccio la barca di Sergio Corbucci con Johnny Dorelli, Viuuulentemente... mia di Carlo Vanzina. Fanno eccezione l'intenso ruolo interpretato in Passione d'amore (1981) di Ettore Scola, per cui vince un David di Donatello come miglior attrice non protagonista, e la donna matura de La venexiana (1985) di Mauro Bolognini. All'inizio degli anni Novanta, dopo avere interpretato L'avaro (1990) di Tonino Cervi, accanto a Sordi, e il sequel Malizia 2000 (1991), sempre per la regia di Samperi, sparisce dagli schermi a causa di tristi vicende personali."
Errata corrige: nella foto sopra, Alessandro Momo è in compagnia di Tina Aumont
Critica
"Il 1973 è l'anno di uscita di Malizia di Salvatore Samperi, un film destinato a diventare un cult del cinema erotico e a dare l'autentico via a un filone di successo. Abbandonata la protesta e la metafora sociale presenti nel suo primo film, Grazie zia, Samperi questa volta punta principalmente all'aspetto erotico della vicenda, punteggiandola con accentuate componenti umoristiche. La protagonista è Laura Antonelli e Malizia è il film che la farà conoscere al grande pubblico, consacrando la sua immagine di stella nascente del cinema erotico. Con lei recitano Tina Aumont, Lilla Brignone e il giovane Alessandro Momo, scomparso in un incidente automobilistico dopo aver lavorato in qualche altro film (Peccato veniale, Profumo di donna). Malizia ha avuto un seguito nel 1991, Malizia duemila, sempre con la Antonelli, Turi Ferro e la regia di Samperi; il film che più che un seguito sembra essere un affettuoso omaggio alla più famosa commedia erotica italiana e alla sua irripetibile epoca d'oro. (...) Quello che maggiormente contraddistingue Malizia e ne fa un film non solo ovviamente superiore a tutte le sue imitazioni e derivazioni, ma anche superiore ad altri film erotici dello stesso Samperi, è la sua particolare freschezza, la leggerezza con cui riesce ad affrontare i temi dell'amore, della sensualità e del possesso. Senza mai cadere nel cattivo gusto o nella banalità, Malizia ha inoltre un fascino che rimane inalterato nel tempo, con quel vedere e non vedere, con il gusto così intenso del peccato e del suo profumo. Difficilmente si possono dimenticare scene come quelle in cui Laura Antonelli si sfila maliziosamente il reggicalze, in un gioco di seduzione verso chi la spia (nel film e nella sala cinematografica). Certo quell'erotismo, in parte svelato ma ancora proibito e misterioso, un po' perverso e, nello stesso tempo, solare, non termina con Malizia. Samperi con Peccato veniale in cui ripropone la coppia Laura Antonelli-Alessandro Momo, e altri autori seguitano in questa direzione, realizzando film pieni di 'malizie' sensuali e di sconvolgenti primi desideri."
(Antonio Bruschini e Antonio Tentori) [5]
"Con Malizia di Salvatore Samperi, versione popolare e di successo del suo più duro e bellocchiesco Grazie zia, nasce la commedia sexy all'italiana e il culto di Laura Antonelli. 'Con Grazie zia credevo di aver fatto un gran film, e ho preso pugni in faccia. Allora ho cercato di agganciare il pubblico', disse il regista a Giorgio Calcagno nel 1976. Magari però non fu un successo così premeditato. 'Mi ero messo in testa di fare un film garbato, che fosse quello che era stato per me l'erotismo, con un po' di ironia e facendo nel contempo anche un discorso sul possesso. Così nacque il soggetto di Malizia, che per due anni possò per i cassetti di tutti i produttori di Italia. Nessuno voleva farlo, le cose più comuni erano: 'Ma se le cameriere non esistono più!' (Fofi - Faldini). A Amarcord, Samperi ha pure ricordato che il film nasceva col titolo 'Senza malizia', ma anche che è pieno di giochini personali: 'Il protagonista si chiamava come mio padre, ci ho inserito ricordi di quando mi recavo in Sicilia con la famiglia... (...) Mio padre era siciliano. Tutte quelle risse con la nonna sono realmente accadute.' (...) Per il ruolo di protagonista, Samperi chiama dapprima Manfredi e Tognazzi: 'Tognazzi disse che lui il siciliano non sapeva farlo. Manfredi ribadì che era troppo vecchio per fare il ragazzino e troppo brutto per fare la donna, i ruoli principali del film. La ragione ovviamente era che non volevano fare un film con uno che aveva avuto degli insuccessi.' (Fofi - Faldini). Samperi aveva chiamato anche Ciccio Ingrassia. Che rifiutò. (...) Presentando il film in anteprima a Saint-Vincent, il 24 marzo 1973, Laura Antonelli dichiara: 'Malizia è il mio primo vero film, anche perché Samperi non è soltanto un regista giovane, ma l'indimenticabile autore di quel Grazie zia che rimarrà per sempre un capolavoro del cinema italiano. Se si pensa poi che lo realizzò a soli 22 anni.' 'Un successo inaudito (5 miliardi e 383 milioni), Laura Antonelli assurta di colpo a simbolo del sesso italico, voyeurismo endemico e piccole porcherie esplosive fissate in un catalogo da variare all'infinito, molto più aperto dei filoni precedenti (mondo-di-notte, decamerotico)', scriveva Giovanni Buttafava a pochi anni dalla sua uscita."
(Marco Giusti) [6]
"Dopo aver pagato negli anni Sessanta il suo debito di giovane arrabbiato al cinema di qualità, (Samperi) aveva inventato la ricetta giusta: una procace e accondiscente servetta all'interno di una tipica famiglia italiana (siciliana per giunta) catalizza la latente carica erotica equamente divisa fra il maturo padre ed il precoce figlio. Un pò Edipo e un pò di anti-Edipo. Cosce nude e psicologia di gruppo."
(P. Chessa) [7]
Dal cinema al fumetto (per adulti)
Per rendere una vaga idea di quanto la scena "madre" del film di Samperi (quella con la Antonelli su una scala, alla ricerca di un libro) sia stata fonte di ispirazione, estendendosi ufficiosamente dal cinema al fumetto, basterà citare una manciata di esempi, frutto delle pubblicazioni delle due case editrici che, dagli inizi degli anni Settanta sino alla fine dei Novanta, hanno monopolizzato il mercato dei "tascabili" per adulti.
La "Ediperiodici" (già Edizioni RG) prima di dare alle stampe, a partire dal 1992, una fortunata serie di albi dal titolo omonimo (declinata in tre collane: Malizia, Malizia Special e Malizia Ultra Hard), in largo anticipo sulla rivale prende spunto a tempo di record dal film di Samperi, per il n. 115 di Jacula (uscito nelle edicole il 05/09/1973); successivamente, nella copertina de Il montatore n. 4 (opera, tra l'altro, dell'apprezzato disegnatore Milo Manara), fornisce un esempio di incredibile cross-over cinematografico, proponendo la protagonista di Malizia (addirittura non solo somigliante, ma ritratta nella stessa posa e con identico abbigliamento), sotto lo sguardo allucinato del metalmeccanico Bartolomeo Collioni, detto Spidy, protagonista del fumetto, pressoché ritratto a matita di Lando Buzzanca (i due attori erano presenti nel precedente film del 1971, Il merlo maschio, di Pasquale Festa Campanile).
La "Edifumetto", invece, nel n. 106 de Il tromba (fumettaccio che tutti quelli di una certa età han letto, almeno una volta, probabilmente durante la naja, senza farlo sapere in giro) si limita a rielaborare, molto più liberamente, la celebre ed epocale situazione "maliziosa".
Visto censura [8]
In data 22 marzo 1973, Malizia ottiene visto censura n. 61961, passando integralmente ma con divieto di visione ai minori di anni 18. Dal verbale allegato al nulla osta:
"(La commissione) considerato che la tematica del film si sviluppa in un ambiente morboso e sensuale, con numerose scene erotiche e con un linguaggio spesso pesante e che rende il film inadatto alla particolare sensibilità dei minori, esprime parere favorevole alla concessione del n.o. di proiezione in pubblico col divieto di visione per i minori degli anni 18."
Metri di pellicola accertati: 2670 (98'15", in proiezione cinematografica).
Negli anni 1988, 1989 e 1991 il film subisce una serie di tagli imposti da altrettante revisioni cinematografiche. In particolare con v.c. n. 84856 del 30 novembre 1989, Malizia viene declassato ai minori di 14 anni, ma subisce i seguenti tagli, pari a metri 23,10 di pellicola:
1) alleggerimento scena in cui il ragazzo mette le mani fra le gambe della protagonista (metri 6,70);
2) alleggerimento scena in cui la protagonista è sul letto e viene guardata dai ragazzi (metri 1,20);
3) alleggerimento scena in cui la protagonista è sulle scale e il padre del ragazzo la guarda (metri 1, 70);
4) alleggerimento scena in cui la protagonista è sulle scale e mostra gli slip (cm. 60);
5) alleggerimento scena in cui il ragazzo mette le mani tra le gambe della protagonista (metri 5,90);
6) alleggerimento scena in cui la protagonista si toglie il reggiseno (metri 4,90);
7) alleggerimento scena in cui la protagonista corre nuda (metri 2,10).
I metri di pellicola si riducono a 2586 (94'30", in proiezione cinematografica).
Con il quarto visto censura (n. 84856 del 27 febbraio 1991), il film viene ridotto ulteriormente a soli 2510 metri, senza più limiti d'età alla proiezione in pubblico.
NOTE
[1] "Un film fortunato", intervista a Salvatore Samperi, contenuta nel DVD "General Video" (2006).
[2] "Io, Samperi e la nostra Malizia", intervista a Ottavio Jemma, contenuta nel DVD "General Video" (2006).
[3] [4] Schede contenute nel DVD "General Video" (2006).
[5] "Malizie perverse - Il cinema erotico italiano" (Granata edizioni), pag. 21.
[6] "Dizionario Stracult della commedia sexy" (Bloodbuster edizioni), pag. 275, 276.
[7] "Mi spoglio ma non mi spiego", su l'Espresso del 22/02/1976.
[8] Dal sito "Italia Taglia".
"Esiste una bellezza che si manifesta sia negli equilibri precari sia nell'apparenza delle cose. Essa disvela la perennità del tutto. È una bellezza pura, non nichilistica, è l'anima di tutte le cose al di là del loro apparire."
(Ignazio Fresu)
F.P. 27/11/2022 - Versione visionata in lingua italiana - DVD General Video, edizione integrale del 2006 (durata: 93'20")
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