Regia di Fred Zinnemann vedi scheda film
Un film serio e impegnato (credo sia stato uno dei primissimi a trattare il tema della paraplegia dei reduci), molto stringato (buono il montaggio), che si avvale dell'ottima regia di Zinnemann e dell'esordio eccellente di Marlon Brando. Nonostante l'argomento fosse molto a rischio, di patetismi non c'è neanche l'ombra; piuttosto c'è com-passione, empatia e coraggio nell'affrontare persino il tema della sessualità dei paraplegici (in un'epoca in cui non si poteva nemmeno far vedere due sposi insieme in un letto matrimoniale). Molte scene sono state fino a poco tempo fa (e certe lo sono ancor oggi) di triste attualità qui in Italia (e non solo, temo...). La perdita di fiducia in se stessi, il menefreghismo dei "sani" e i pregiudizi di un mondo che non contemplava nemmeno l'eventualità di quella malattia, l'ignoranza e il rifiuto dei parenti, l'amore di pochi, il sarcasmo, la solidarietà, le disillusioni, le fatiche fisiche e psicologiche, la difficile costruzione di una nuova vita e di una nuova felicità sono narrate colla massima semplicità ed efficacia. Il film è stato girato coll'appoggio di un vero ospedale per veterani infatti, dai commenti che ho letto su Internet, pare sia molto realistico nel descrivere l'iter medico dei malati (ho imparato molte cose che francamente non sapevo). Brando, per parte sua, da bravo attore del "Metodo", ha passato un paio di mesi in ospedale per prepararsi a dovere.
Ken, reduce del IIo conflitto mondiale, è diventato paraplegico in seguito a un'azione di guerra. La sua fidanzata rifiuta di lasciarlo, ma adattarsi alla nuova situazione sarà difficilissimo per entrambi.
L'unica nota stonata del film. I toni trionfalistici di Tiomkin andranno bene per i western ma qui sono fuori luogo.
La colonna sonora, non si addice al film. Poi il titolo italiano, veramente di cattivo gusto, mentre l'originale, "The Men", è molto appropriato.
Mielosa, ma il ruolo forse lo richiedeva...
Ottimo nei panni del brusco medico curante di Ken, un bel personaggio.
Arriva all'appuntamento col cinema già perfettamente "formato". Crea senza il benché minimo sforzo il suo personaggio, in ogni singola sfumatura, che più vivo e più reale di così non si può immaginare! Inoltre il suo viso e il suo corpo sono di una bellezza da tramortire, per poco non ci rimango secca. Molte le scene memorabili, ma la mia preferita è quella finale. Il suo "please" e l'espressione dei suoi occhi sono una specie di oceano di emozioni. E ho fatto solo un esempio per amore di brevità...
Niente retorica né enfasi, al contrario sobrietà e partecipazione emotiva senza inutili sottolineature patetiche. La macchina da presa riprende i personaggi quasi con delicatezza (vedi la scena dell'Amleto). Molto bello il finale, con l'inquadratura del gradino che non stona affatto, anzi fa capire molte cose...
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