Regia di Rino Di Silvestro vedi scheda film
Una delle occasioni in cui il cinema italiano ha messo in mostra la quantità maggiore di tette e chiappe femminili. Per farlo, ha utilizzato il pretesto del film carcerario, inframmezzato da alcune scene ambientate fuori dalla prigione, allo scopo di arrivare alla durata canonica senza che gli spettatori, compresi i più incalliti pipparoli, avessero crisi di rigetto per la mercanzia così generosamente esposta (purtroppo è così: le donne del film sono messe in evidenza come quarti di bue). Il carcere del film somiglia molto da vicino ai lager nazisti, in mano com'è a una secondina lesbica e sadomasochista e a un direttore mafioso. Le donne sono belle, non c'è che dire (la mia preferita è Valeria Fabrizi), ma la credibilità sta a zero: e basti pensare all'improbabile accento siciliano cui è costretta la russo-tedesca (seppure italiana d'adozione ) Eva Czemerys.
Una ragazza, fidanzata con un trafficante di droga rimasto ucciso in un incidente, è arrestata come complice. Diventa così, in carcere, la preda di due clan mafiosi rivali che vogliono rispettivamente farla parlare e tacere per sempre.
La sorella del presidente dell'Inter fa la piromane con filodrammatica convinzione.
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