Regia di Pier Giuseppe Murgia vedi scheda film
Quattro ragazzi, contestatori della soffocante società borghese, decidono di passare alla rivolta armata. Nessuno di loro farà la fine sperata.
Se la prima regia di Pier Giuseppe Murgia, Maladolescenza (1977), era stata quantomeno controversa, questo La festa perduta – opera seconda a quattro anni di distanza – aggiusta un po' il tiro nei contenuti, ma non si può dire altrettanto dei toni utilizzati. Perché Murgia, anche sceneggiatore del lavoro insieme a Domenico Aleotti, punta dritto al sodo e lo fa senza timore di scandalizzare o di andare incontro alla censura: la storia di per sé è certo meno cruda rispetto a quella del film d'esordio, ma in questa pellicola i dialoghi ampiamente didascalici e gli infiniti spiegoni messi in bocca ai protagonisti forniscono un'idea della contestazione armata molto precisa e ben definita. Gli argomenti sono spiattellati crudamente sulla scena, la politica è sempre in primo piano e non manca neppure l'utilizzo della bestemmia – elemento quanto mai verista, specie in tale contesto – nei dialoghi; La festa perduta è un'opera amara e critica, ma senza dubbio anche profondamente ingenua, che non si spinge granché in profondità nell'analisi dei fenomeni sociali più violenti e sanguinosi occorsi durante gli anni di piombo. A peggiorare il tutto, poi, la mano sgraziata del regista dietro la macchina da presa e un cast di interpreti visibilmente claudicanti tra i quali si salvano solo il giovane Fabrizio Bentivoglio e, in una parte laterale, Remo Remotti. 3/10.
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