Regia di Robert Redford vedi scheda film
Gran bell’esordio alla regia di Redford, che mette in scena un dramma intimista vincendo la tentazione di autodirigersi. Assistiamo al tranquillo inferno che si è creato all’interno di una famiglia dell’alta borghesia, dove il figlio maggiore è morto in un incidente di vela, il minore (anche lui presente sulla barca) ha tentato di uccidersi per i sensi di colpa, la madre (affezionatissima al primogenito) non fa nulla per attenuarglieli e il padre cerca di proporsi senza molto successo come punto di equilibrio. La tensione scorre sotto le apparenze pacate, e a sciogliere i nodi contribuirà l'intervento di uno psichiatra (personaggio un po’ troppo deus ex machina, l’unica sbavatura del film): l’ultima scena vede padre e figlio finalmente abbracciati, dopo tanta negazione dell’affettività. Il film segna l’esordio di Timothy Hutton ed Elizabeth McGovern (due occhi meravigliosi, peccato sia sparita), ma il migliore è Donald Sutherland con la sua aria perplessa. Altamente suggestivo il motivo musicale, il canone in re maggiore di Johann Pachelbel.
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