Regia di John Carpenter vedi scheda film
All'inizio del film c'è una sequenza (che ritorna poi verso il finale) in cui Elvis/Kurt Russell spara in un televisore, facendolo esplodere. Anche Carpenter fa' lo stesso, firmando un biopic di quasi tre ore che di televisivo ha ben poco (i carrelli, le inquadrature, il senso dello spazio sono tipicamente carpenteriani, così come i volti) e che, nonostante questo, ha saputo ottenere uno share superiore a Gone With The Wind, trasmesso in tv la stessa serata. A riprova che Carpenter non è mai stato "un regista horror" e via blaterando. La sua carriera è decisamente variegata, e questo è forse il caso più eclatante per comprendere la sua ecletticità e, al contempo, la sua coerenza. Nonostante qualche lungaggine di troppo, Carpenter non specula sulla figura mitica di Elvis, ma si concentra sempre sul lato umano e debole, con scrupolosità e riverenza (e anche qui è del tutto antitelevisivo). Kurt Russell è il miglior Elvis che si possa immaginare (ruolo ripreso nel brutto 3000 Miles To Graceland), Shelley Winters estremamente credibile, Season Hubley (che si sarebbe poi sposata con Russell) decisamente affascinante. In un ruolo piccolo ma importante Charles Chypers, attore feticcio del primo Carpenter. Il film finisce con il ritorno di Elvis sulla scena nel 1969, scegliendo così di non mostrare (la non mostrabile) attività frenetica degli anni seguenti, in cui Elvis si esibiva quasi giornalmente; attività segnata inoltre dall'uso scorretto di medicinali che lo hanno portato alla morte.
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