Regia di Roberto Faenza vedi scheda film
Olga ha trentacinquenne anni, due figli ed un matrimonio monotono. Quando il marito la lascia per un’altra donna, tutto il castello confortevole e menzognero che si era creata crolla in un attimo lasciandola da sola con le sue insicurezze. Scoprirà, non senza rabbia e dolore, un modo di vedere il mondo e le cose che prima di allora non aveva neanche mai preso in considerazione.
Partendo dall’omonimo e bellissimo (forse troppo) romanzo di Elena Ferrante, Roberto Faenza invece di raccontare il dramma di caduta e rinascita di una donna, mette in scena l’iperbole dell’isteria di una femmina lasciata sola che non si mette mai in discussione e riversa colpe e responsabilità sul maschio fedifrago, facile bersaglio dietro cui nascondere le proprie più che palesi mancanze.
Faenza sembra destrutturare l’ottimo e coinvolgente romanzo della Ferrante e ne estrapola una versione quasi personale, eludendo ogni riflessione sui rapporti e sulla dipendenza a favore di una visualizzazione isterica del racconto di una separazione che viene tenuta comunque lontana dallo schermo.
Il fulcro è Olga interpretata da Margherita Buy che esaspera il senso di abbandono facendo prevalere rabbia ed egoismo in un modo così estremo da diventare disturbante. Le tinte scure che prevalgono per tutta la durata della pellicola creano un perenne senso di claustrofobia che sfocia ben presto in insofferenza nei confronti della visione che si fa via via sempre più difficile da sopportare.
Ennesima conferma che i romanzi hanno sempre una marcia in più rispetto alle trasposizioni cinematografiche che ne conseguono, soprattutto per quanto riguarda le sensazioni che riescono a scaturire dalle pagine lette; in questo specifico caso poi le emozioni che prevalgono sono solo quelle sopra descritte che nulla hanno a che fare con il dramma raccontato.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta