Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Alla fine della seconda guerra mondiale la vedova Liliana (Ricciarelli) col figlio Nino (Marcorè) lascia Bologna alla volta della provincia barese, dove ad attenderli c'è il cognato Giordano (Albanese), strambo erede di una fabbrica di confetti che vive con le anziane zie e fa l'artificiere a tempo perso. L'uomo è innamorato di Liliana sin da quando questa era la moglie del fratello: la donna e, soprattutto, l'avidissimo figlio, ne approfittano. Le zie mangiano la foglia e vorrebbero interdire Giordano, che alla fine - pur derubato e turlupinato -sposa Liliana coronando il sogno di una vita.
Poesia in chiave vintage per raccontare con stupefacenti ricostruzioni d'epoca l'Italia del secondo dopoguerra, dove si faceva la fame, dove i matti venivano curati con l'elettroshock, dove i furbi e gli arrivisti erano pronti a vendersi la madre pur di coltivare il sogno di entrare nel mondo dello spettacolo. Con grande senso della misura e senza concessioni al languore, Avati si conferma il cantore dell'antico, agitando sotto traccia i fili di una preoccupante continuità tra l'Italia di allora e quella di oggi.
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