Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Siamo nell’immediato dopoguerra e in Puglia vive un uomo buono, generoso e po’ matto a causa degli elettroshock: è Giordano (uno stratosferico Antonio Albanese), che abita con le due zie burbere (la strepitosa Angela Luce e l’immensa Marisa Merlini nell’ultimo ruolo sul grande schermo) e passa il suo tempo disinnescando le bombe sparse nelle zone limitrofe, affinché i bambini non ne rimangano vittime. A Bologna, invece, vivono la cognata Liliana (una sorprendente ed umile Katia Ricciarelli), vedova di suo fratello, e Nino, il di lei figlio (un viscido Neri Marcorè), che si arrangia come può sfruttando il suo mediocre fascino truffando su ricche fanciulle. Vivono in una chiesa, che presto verrà riconsacrata, e non sanno a che santo votarsi. In una notte disperata, Liliana scrive al cognato. Giordano, che già da giovane ne era innamorato, le risponde, e la invita da lui, tra i malumori delle due zie, che ricordano la donna come un’approfittatrice e una sgualdrina. Liliana, indecisa, è convinta da Nino, che ha rubato una bella automobile.
I due viaggiano verso la Puglia e quando ci arrivano sono accolti malamente dalle due zie (“Ma se volevi una zoccola per divertirti te l’avremmo trovata noi! Con tutte le zoccole che c’abbiamo qui!”). Il candido Giordano si affeziona a Nino e confessa a Liliana tutta la sua ammirazione. La cognata e il nipote decidono di rimanere per un po’ da lui. Trova un posto di lavoro a Nino, presso un avvocato. Ma il giovine si approfitta della figlia e ruba il danaro dalla cassaforte. Umiliata, Liliana vuole tornarsene a Bologna, ma Giordano le fa una proposta: mi volete sposare? La donna è costretta a cedere dopo non pochi ripensamenti, ma non le dispiace. Le due zie la costringono ad un esorcismo. Intanto Nino conosce un divo del cinema e se ne va con lui verso nuove avventure. Liliana e Giordano si sposano e la donna è costretta ad una penosa seconda notte di nozze.
Pupi Avati continua il suo percorso nell’Italia provinciale del Novecento e firma un altro memorabile capitolo della sua luminosa carriera. Con La seconda notte di nozze raggiunge definitivamente una compiutezza stilistica in cui convivono la misura, la sobrietà e la dignità dei suoi trent’anni e più di carriera grazie al controllo totale dell’oggetto filmico. Tra gli ultimi film di Avati questo è sicuramente il migliore: il meglio calibrato, il più leggero e delicato (più de Il cuore altrove), il più stralunato e commovente. È un altro tassello della sua malinconica, toccante, amara, divertente, personale commedia umana (la filmografia di Avati va considerata come un corpus unico in cui ogni film è intimamente legato all’altro in una visione totale), accompagnato dall’incantevole fotografia del fido Pasquale Rachini e dalle splendide e mai invadenti musiche di Riz Ortolani. È soprattutto un film d’amore: quello di Giordano per Liliana e per i bambini che non vuole più vedere saltare in aria, come Maria, che, all’improvviso, fece una grande luce. Ed è dedicato a loro, a tutti i bambini che fanno un gran luce.
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