Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Primo dopoguerra. Giordano (Antonio Albanese) disinnesca bombe nel paesino pugliese in cui vive, per salvare le vite di bambini innocenti da morti casuali ed ingiuste; è il più "stonato" e una sua disgrazia in quest'affare risulterebbe la meno pesante per i compaesani. Con le sue due zie (Angela Luce e Marisa Merlini) manda avanti un'azienda di confetti dalla lunga e familiare memoria. Giordano confeziona bomboniere, disinnesca bombe, insomma vive per donare piaceri agli altri. Dall'altro lato dello stivale, a Bologna, suo nipote (Neri Marcorè), grande ed immaturo, di professione imbroglione e la sua cognata ormai vedova (Katia Ricciarelli), di cui era stato innamorato, vivono nella miseria più totale i postumi della guerra. Gli stenti e la disperazione portano la donna a tornare in Puglia, spinta anche dal figlio, in cerca di una condizione migliore, nonostante il ricordo poco piacevole lasciato anni fa in quel paese ed in quella famiglia. Pupi Avati, come sempre più spesso negli ultimi anni,prende a raccontarci una storia che ha tutto il sapore di una favola. La sua memoria torna ad un'Italia ormai lontana, quando la guerra costringeva ad una necessaria emigrazione dalla città alla campagna, un paese in cui, tra sincerità di sentimenti o studiata logica, si cerca in qualche modo di riemergere, per continuare a vivere; da sfondo una guerra, di cui quì non c'è, volutamente(?) nè odore nè sapore, che tuttavia non è riuscita ad ammazzare i sogni. Le vicende di Giordano, della sua amata, del nipote mai conosciuto, delle sue zie sono raccontate dal regista con la sensibilità e la delicatezza che da sempre contraddistinguono il suo cinema; peculiarità che caratterizzano lo stesso personaggio protagonista, il migliore del film, ben scritto e magnificamente impersonato da Antonio Albanese. E' una storia di senetimenti sinceri quindi, raccontata con linearità e semplicità (forse troppa), un pò immobile, soprattutto nella parte centrale. Le capacità visive di Avati sono largamente confermate, nella scelta dei paesaggi, dei particolari, delle inquadrature e degli attori, scelti sempre in maniera funzionale al film, evitando condizionamenti di preunzione intellettuale.
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