Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film
La realizzazione è quella del capolavoro, specialmente la seconda parte ambientata nella prigione dei detenuti politici. Quello che invece mi è più difficile definire e apprezzare è il personaggio del finto generale. Non ho letto l'omonimo racconto di Montanelli, ma do per scontato che, col rigore che contraddistingue Rossellini, il ritratto sia fedele a quello sulla carta. In sostanza si tratta di una maturazione morale: da codardo, opportunista, profittatore, a persona che si sacrifica per gli altri e rifiuta di tradire i propri connazionali per salvare la pelle. Da questo punto di vista il cammino interiore del finto generale è bello ed esemplare, anche perché compiuto seguendo l'impulso della coscienza. Quello che mi lascia un tantino perplesso è questo: se prima è un ingannatore e simulatore per il proprio tornaconto meschino, e per giunta di brevissima durata, poi continua a simulare e muore simulando, benché a buon fine. Insomma, nel suo personaggio rimane un desiderio insoddisfatto di autenticità e verità. Scrive persino un biglietto finto e piuttosto qualunquista alla già vedova del vero generale. Certo, lo fa per confortare i partigiani e consolare la povera donna, ma un sottile disagio per la sua figura di impostore rimane. In ogni caso, la scena in cui si unisce volontariamente al plotone di esecuzione e il commento finale del tedesco sono forti, essenziali, e, nella loro semplicità, di grande impatto emotivo. A proposito, ritengo interessante anche il personaggio appunto del tedesco: per quanto spietato e cieco esecutore di ordini, si può notare in lui un progressivo disagio verso gli atti che gli ordinano di compiere, fino all'"illuminazione" finale. Tra i due nasce anche una certa amicizia e una certa stima, benché ostacolata dai diversi fronti a cui appartengono. Discussione del personaggio Della Rovere a parte, siamo in presenza di un gran film.
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